I geyser, i vulcani e i fenicotteri del Salar de Atacama attirano turisti da tutto il mondo. Ma al di sotto dei panorami paradisiaci, le saline cilene nascondono qualcosa di più: un potenziale economico che attira un diverso tipo di interesse, quello delle aziende chimiche globali.
Salar de Atacama contiene tra i giacimenti più ricchi sulla Terra di litio, che è un elemento essenziale per le batterie di laptop, telefoni cellulari e auto elettriche. Sono loro che dovranno svezzare il pianeta dai combustibili fossili. Mentre il mondo si sposta verso le rinnovabili, la domanda di litio potrebbe raddoppiare entro il 2025. Ciò significa che il Cile è come se fosse seduto su una miniera d'oro. Ma lo sfruttamento del prezioso metallo potrebbe causare un elevato costo ambientale.
Il governo cileno, tuttavia, vuole aumentare la produzione di litio per fare un salto di qualità: produrre le batterie nel paese, rompendo il modello tipico per cui i paesi dell'America latina estraggono le materie prime ma non le trasformano. A tal fine, l’esecutivo ha firmato a gennaio le concessioni per l’estrazione del litio di Salar de Atacama alla cilena Sociedad Quimica e Minera (SQM), un tempo interamente pubblica, poi privatizzata durante la dittatura militare di Augusto Pinochet negli anni '80. I suoi familiari possiedono ancora oggi partecipazioni rilevanti nella società, che è stata accusata di corruzione, riciclaggio, evasione fiscale e di aver violato le norme sull’ambiente.
Adesso, con la nuova intesa, si prevede di triplicare l'estrazione entro il 2030. Ma lo sfruttamento eccessivo potrebbe causare una catastrofe ambientale. Il Cile è l'unico paese al mondo in cui le risorse idriche sono completamente privatizzate. E attualmente SQM possiede i diritti sull'acqua per la regione attorno al Salar de Atacama, che è anche uno dei luoghi più aridi del pianeta e l'estrazione del litio ha un impatto diretto sulle riserve idriche della regione. La falda sprofonda e i corsi d’acqua si prosciugano.
C’è, forse, un problema ancora più rilevante: l’oligopolio che controlla buona parte del metallo disponibile sulla Terra e che vede la Cina sempre più protagonista: nelle scorse settimane Tianqi Lithium, che si è posta l’obiettivo di triplicare la produzione entro il 2020, ha acquisito per 4,1 miliardi di dollari il 24% delle azioni proprio della cilena SQM, secondo produttore mondiale. Sono in quattro a dominare il mercato internazionale: la statunitense Albemarle è leader con una quota del 18%, seguita dalla cinese Jiangxi Ganfeng Lithium con il 17%. La terza e quarta posizione sono occupate, rispettivamente, da SQM con il 14% e l’altra cinese Tianqi con il 12%. Altri player minori detengono il restante 39%.
Non sarebbe, forse, il caso che i regolatori globali si mettessero intorno a un tavolo per decidere come controllare questo processo di eccessiva concentrazione su una materia prima così stategica e impattante sull’ambiente?
Articolo pubblicato in precedenza su La Stampa - Tuttogreen