Il deficit sale al 5,3 per cento nel 2023 e che sarà fissato nel quadro programmatico al 4,3 per cento nel 2024. Sono questi gli obiettivi di indebitamento che il governo stima nella Nadef che è stata approvata dal Consiglio dei ministri. Il Pil del 2024 crescerà dell’1,2 per cento; il debito è fissato al 140,1; il tasso di disoccupazione al 7,3. L’indebitamento tendenziale che nel 2024 passa dal 3,6 al 4,3 per cento programmatico rende disponibili 0,7 punti, circa 14 miliardi di deficit, per la manovra.
In conferenza stampa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha detto che “per l’anno prossimo abbiamo posto l’asticella del deficit al 4,3% e dovrebbe “permetterci di confermare interventi indispensabili a beneficio dei redditi medio bassi, in particolare il taglio cuneo e misure premiali per la natalità oltre a stanziamenti significativi per rinnovo del contratto del pubblico impiego”.
“Credo - ha aggiunto Giorgetti - che alla Commissione ci siano delle persone che hanno fatto e fanno politica, e quindi diversamente dai banchieri centrali che fanno il loro mestiere e decidono in autonomia da altri tipi di considerazione, credo che comprenderanno la situazione, come la comprendono tutti i miei colleghi ministri delle finanze europei che gestiscono una situazione di rallentamento dell’economia e in qualche caso di recessione”.
Presi per il PIL
Secondo il ministro dell’Economia, il “salto” del rapporto deficit/Pil nel 2023 (che sale dal 4,3 al 5,3 per cento) è interamente dovuto all’effetto del Superbonus 110 per cento. Al di là di come la si pensi in merito alla misura, e visto che un qualche effetto sul Pil lo ha avuto (secondo alcune stime al ribasso potrebbe essere valutato intorno allo 0,5 per cento su base annua), sostenere che l’aumento del deficit sia dovuto interamente al Superbonus non è di fatto vero.