Si avvicina un altro giro sulle montagne russe per l’euro? La moneta comune appare schiacciata dalla forza del dollaro e dalle turbolenze in Turchia e Italia. La valuta europea è scesa di oltre il 3% rispetto al dollaro quest'anno, dopo il rialzo stellare del 14% rilevato nel 2017.
E così, oltre a Istanbul, anche Roma torna a preoccupare gli investitori stranieri che hanno continuato a liquidare obbligazioni italiane. Tra maggio e giugno hanno venduto rispettivamente 34 e 38 miliardi di obbligazioni, un record storico di cui non vantarsi.
Chi ritiene di avere in portafoglio troppa Italia rispetto al tasso di incertezza sopportabile per il proprio interesse, vende il debito tricolore. Due impennate negative, una di seguito all’altra, che sottolineano una volta di più le fragilità con cui il Paese è chiamato a fare i conti.
Il timore degli investitori è principalmente di natura politica. E, in particolare, desta preoccupazione la legge di bilancio - attesa per la metà di ottobre - che potrebbe includere misure incompatibili con i vincoli europei e sfondare il rapporto debito/Pil.
I mercati aspettano di farsi un’idea concreta sull’eventuale aumento del deficit per finanziare misure a sostegno di crescita e povertà, ma anche il giudizio delle agenzie di rating. Una bocciatura potrebbe creare un danno rilevante. In casi estremi addirittura far perdere l’accesso al mercato e costringere i grandi portafogli, che non possono investire in titoli troppo rischiosi, a disfarsi di tutto il debito italiano.
E allora è toccato alle banche italiane scendere in campo per controbilanciare, in parte, la situazione. Nel secondo trimestre del 2018 gli istituti di credito hanno acquistato 40 mld di Btp, cosa che non accadeva dai tempi cupi della crisi del debito nel 2012.
Ma gli investitori esteri continuano a detenere circa un terzo del debito italiano, che ammonta a oltre 2.300 miliardi. La maggior parte dei Btp fa capo a soggetti italiani, famiglie comprese, che investono sempre di più attraverso fondi e gestioni patrimoniali.
L’altra misura dell’incertezza è lo spread. La differenza tra i nostri rendimenti decennali e quelli dei titoli tedeschi negli ultimi mesi è più che raddoppiata passando da 120-130 punti a 260-270, toccando nei momenti peggiori quota 300. Il dato non è ovviamente positivo, perché uno spread stabilmente elevato aumenta la spesa per onorare il debito pubblico.
L’Italia ha bisogno di piazzare sul mercato circa 400 mld di titoli l’anno, come è avvenuto anche nel 2017. La buona notizia è che non siamo più nel contesto del 2011. Il paese cresce, anche se poco, e negli Usa la ripresa è più forte.
In più, la Bce andrà avanti con il suo programma di acquisto di titoli di Stato, seppur con meno vigore, fino al 2019, tenendo a bada rendimenti e spread. Il super debito però va aggredito, come dimostrano le vendite record di maggio e giugno.
E dall'autunno del 2019 i tassi di interesse torneranno a salire anche nell'eurozona, come preannunciato da Mario Draghi. A quel punto, la partita si potrebbe complicare ancora di più.