Aveva parlato di “zona Cesarini” il presidente del Consiglio. E, in effetti, soltanto nella nottata tra sabato e domenica il Senato ha approvato la manovra con 167 voti a favore, 78 i contrari e tre gli astenuti. Il testo dovrà ora tornare alla Camera per l’ok definitivo il 28 o il 29 dicembre, a poche ore dall’incubo dell’esercizio provvisorio (che interverrebbe qualora l’iter non si concludesse entro il 31 dicembre).
Il Governo ha così incassato la fiducia sul maxiemendamento che recepisce l’intesa con l'Ue tra le proteste delle opposizioni. Il Pd ha annunciato il ricorso alla Corte costituzionale perché ai senatori non è stato consentito di procedere a un solo voto sul testo.
L’avvio della discussione generale, prevista per le 14, è stato poi posticipato alle 20.30. La tensione è salita in commissione Bilancio quando il Governo ha annunciato la necessità di modificare il testo presentato per correggere gli errori formali e per eliminare alcune norme per motivi di copertura. Una decisione che ha suscitato la reazione dell’opposizione. Poi, quando il testo è finalmente arrivato in Aula, si è sfiorata la rissa.
Nella versione finale del provvedimento sono confermate alcune delle principali misure, tra le quali quota 100 e reddito di cittadinanza seppur ridimensionati. Ma ci sono anche delle novità. La più importante è il taglio al fondo per gli investimenti che passa dai 9 miliardi in tre anni inizialmente previsti a 3,6 mld. La quota per il 2019 scende a 740 milioni di euro (a fronte dei 2.750 precedenti), nel 2020 a 1.260 mln (da 3 mld) e nel 2021 a 1.600 (da 3,3 mld). La voce “investimenti” è tuttavia quella con il moltiplicatore più alto rispetto all’incremento del Pil.
Occorre anche considerare che, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, la nuova stima sulla crescita all’1% per il 2019 (a fronte dell’1,5% precedente) è ora “plausibile, pur presentando non trascurabili rischi di revisione al ribasso. E i rischi risultano amplificati se si considerano le previsioni per il 2020 e 2021”.
L’Upb mette in guardia anche sui saldi: senza gli aumenti dell’Iva previsti nelle nuove clausole di salvaguardia, il deficit italiano nel 2020 e nel 2021 arriverà alla soglia limite del 3% “con evidenti rischi sulla sostenibilità futura della finanza pubblica”.