Il governo ha più volte garantito che non ci saranno né la manovra correttiva né il prelievo straordinario "perché avrebbe un impatto distruttivo su crescita e consumi". Eppure, alla luce dell'elevato debito pubblico dell'Italia, torna ciclicamente alla ribalta il tema della patrimoniale.
L'Osservatorio sui conti pubblici italiani della Cattolica arriva a concludere che - alla luce di una ricchezza stimata in 9.743 miliardi - un intervento con aliquota al 10% potrebbe ridurre il rapporto debito/Pil intorno all'80%. Ma i ricercatori sottolineano quanto gli interventi sulla totalità della ricchezza dei cittadini siano rari: per restare all'Europa sono previsti in Francia, Svizzera e Norvegia.
Per quale motivo allora si torna spesso a parlare di patrimoniale? La risposta è nella ricchezza privata degli italiani che resta elevata. È 8,4 volte il reddito lordo disponibile, contro le 6,1 volte tedesche. E anche in valori assoluti le famiglie tricolori (160 mila euro) battono quelle tedesche (150 mila). Ecco perché soprattutto all’estero vedono in quel bacino le risorse alle quali attingere in caso di estrema difficoltà del Paese.
Ma dalla teoria alla pratica il passo è lungo. Emergono tre problemi. Primo: "Buona parte dei patrimoni elevati o sono già all'estero o sono detenuti da residenti tramite società estere". Secondo: "Il 60% della ricchezza è rappresentata da attività reali il cui valore crollerebbe se i loro possessori fossero obbligati a smobilizzare in tempi brevi per pagare l'imposta". Terzo: "Difficilmente un'imposta di grandi dimensioni e con le caratteristiche che si è detto potrebbe essere tenuta segreta. Ciò determinerebbe fughe di capitali. L'unico modo per ovviare al problema sarebbe quella di tassare la ricchezza ad una data passata, ma questo pone l'ulteriore problema che quella ricchezza potrebbe oggi non essere più esistente".