A fare i conti è uno studio della Uil. "La simulazione dimostra - è scritto nel rapporto - che per oltre 16,7 milioni di lavoratori, il 76,87% del totale, l'impatto sarebbe nullo o minimo".
Lo studio ha confrontato l'ipotesi di una revisione dell'Irpef per i soli redditi da lavoro dipendente e assimilati con una riduzione a 3 del numero delle aliquote: 23% per lo "scaglione" di reddito compreso tra 10 mila e 28 mila euro; 37% tra 28 mila e 100 mila euro; 42% per i redditi superiori a 100 mila euro.
L'elaborazione mostra che con la sola riduzione dell'Irpef a 3 aliquote non si genera alcun impatto per i redditi fino a 15 mila euro lordi annui, che caratterizzano il 18,91% di pensionati e lavoratori dipendenti (in totale 4,1 milioni di persone).
Pochi benefici, invece, per la fascia tra i 15 mila e i 29 mila euro di reddito, che rappresenta il 57,96% dei contribuenti con redditi da lavoro dipendente e da pensione (in termini assoluti 12,6 mln di dipendenti).
Superata questa soglia i redditi diventano più alti e il numero di dipendenti e pensionati scende. Tra 29 mila e 100 mila euro di reddito ci sono 4,7 milioni di dipendenti e pensionati (il 21,89% del totale). Per loro lo sconto passa progressivamente da 590 euro (per chi è a quota 35 mila euro di reddito) a 1.890 euro l'anno (quota 80 mila euro).
Un alleggerimento consistente arriva invece per i redditi dei dipendenti e dei pensionati più ricchi, quelli sopra i 100 mila euro. Si tratta appena di 258 mila contribuenti, pari all'1,18% del totale dei dipendenti. Per loro lo sconto supera i 3 mila euro.
Dallo studio emerge che la differenza tra l'attuale imposta e l'ipotetica Irpef a 3 aliquote sia a tutto vantaggio dei redditi più elevati. Per la Uil la via da seguire per ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti e pensionati è agire sulle detrazioni specifiche.