Con le misure anti-Covid-19, il debito pubblico italiano, già in partenza molto alto in rapporto al Pil (135%), crescerà ancora. Per mitigare il problema circola una proposta: l’emissione di titoli perpetui, che pagano solo interessi periodici senza rimborso del capitale investito.
L’idea si fonda su un assunto: in presenza di uno shock una tantum e di grandi dimensioni, la soluzione sarebbe un’emissione perpetua. Tuttavia, nella situazione attuale i problemi pratici rendono poco percorribile questa strada.
Prima di tutto, “lo schema contabile europeo individua i titoli perpetui fra gli strumenti di debito – spiega Maria Cannata - e, secondo la procedura dei disavanzi eccessivi, questi devono essere registrati al loro valore facciale”. Quindi contribuiscono alla creazione di debito.
In secondo luogo, - aggiunge Cannata - “per questo tipo di titoli la domanda è esigua, tant’è che attualmente nessun emittente sovrano li propone”.
L’investitore retail è di norma il più restio ad allungare la durata del suo portafoglio, dato che recuperare la disponibilità del capitale investito è uno dei suoi obiettivi primari.
Per rinunciarvi - conclude Cannata - “la remunerazione periodica dovrebbe essere di gran lunga superiore rispetto a quella offerta dai bond ordinari. Non certo il 2% prospettato da alcuni”.