Ecco chi trae vantaggio dalla rimodulazione delle aliquote Irpef

Dalla ‘riforma’ fiscale del governo Draghi si possono evincere tre aspetti: non si mette mano alla ingiustificata e iniqua tassazione dei redditi da lavoro rispetto a quelli da capitale; emerge una tendenza a ridimensionare la progressività dell’Irpef; e si promuove una riduzione dell’imposta sulle persone fisiche che favorisce i redditi più alti rispetto ai minimi e medi.

Ecco chi trae vantaggio dalla rimodulazione delle aliquote Irpef

La riforma fiscale comporterà una riduzione del prelievo di circa 264 euro medi pro-capite (circa l’1% del reddito disponibile) per 27,8 milioni di contribuenti, pari a circa 2/3 del totale ma darà vantaggi soprattutto ai redditi medio alti.

È quanto emerge da una simulazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) dalla quale si evince che la riduzione di imposta in valore assoluto è maggiore nelle classi di reddito medio-alte, con un beneficio medio di circa 765 euro per i contribuenti con reddito imponibile tra i 42 mila e i 54 mila euro. In pratica in questa fascia, pari al 3,3% del totale, sarà concentrato il 14,1% del totale delle risorse distribuite, pari a circa 1 miliardo.

Lo studio analizza l'impatto della misura anche assumendo non i singoli contribuenti ma inserendoli nel loro nucleo familiare. L'incremento del reddito disponibile – spiega l’Upb - è, in termini assoluti, crescente con la condizione economica del nucleo, con il 20% delle famiglie più povere sostanzialmente escluse dai benefici a causa dell’incapienza fiscale. Il 50% dei nuclei in condizione economica meno favorevole beneficia di circa un quarto delle risorse complessive (circa 1,9 mld), mentre il 10% più ricco beneficia di più di un quinto (1,6 mld).

Da questi numeri si possono evincere tre aspetti: non si mette mano alla ingiustificata e iniqua tassazione dei redditi da lavoro rispetto a quelli da capitale (continuano a persistere regimi agevolati); emerge una tendenza a ridimensionare la progressività dell’Irpef; si promuove una riduzione dell’imposta sulle persone fisiche che favorisce i redditi più alti rispetto ai minimi e medi.

In pratica la ‘riforma’, al lordo di quelle che saranno le future deduzioni e detrazioni, ancora da definire nei dettagli, lascia invariata la tassazione per i redditi fino ai 23 mila euro in un contesto nel quale in Italia è sufficiente godere di un reddito pari a circa 35 mila euro per rientrare nella categoria dei ‘top 10%’. Il governo ribadisce così la volontà di non porre mano a un evidente problema di iniquità orizzontale (tra percettori di redditi uguali, ma tassati con percentuali diseguali).

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