Le Province? Non servono, sono enti inutili e costosi. Quante volte abbiamo sentito parlarne in questi termini. Ma andiamo per gradi: c’è infatti un piano amministrativo-giuridico e uno economico-gestionale.
La riforma degli enti locali introdotta con la legge 56 del 2014 ridisegna l’ordinamento, e i relativi organi, delle Province ed istituito le Città Metropolitane (CM). In particolare, le Province definisce (così come le CM) enti di area vasta. La riforma si accompagna al progetto di revisione costituzionale che prevede la soppressione delle Province quali enti costituzionalmente necessari.
La legge individua dieci CM: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, a cui si aggiunge la Città Metropolitana di Roma Capitale. Le finalità istituzionali generali assegnate sono riassumibili in sei punti: a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza; b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali c) programmazione provinciale della rete scolastica d) raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; e) gestione dell’edilizia scolastica; f) controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.
Fin qui, un rapido aggiornamento dal punto di vista amministrativo-giuridico. Per fare luce invece sugli aspetti economici e finanziari non ci resta che guardare i bilanci. Cosa dicono i numeri? Anche in questo caso sono piuttosto rivelatori. Dall’analisi dei dati finanziari emerge che le Province e le CM italiane godono di ottima salute economico-finanziaria. Nell’anno 2020, su 86 Enti Provinciali, ‘appena’ 9 hanno chiuso il bilancio con un disavanzo di amministrazione. I restanti, invece, presentano degli importanti avanzi di amministrazione che evidenziano lo stato di benessere delle Province Italiane.
Una volta ribaltato il paradigma viene da chiedersi: ‘Province delle mie brame, quali sono le più belle del reame?’ Tra queste spiccano le CM di Napoli e di Bari che nel 2020 hanno chiuso gli esercizi finanziari con un avanzo di amministrazione, rispettivamente, pari a 134 e 99 milioni di euro.
Numeri di cui vantarsi, soprattutto se paragonati ai ‘fratelli minori’. Questi dati infatti contrastano in modo significativo con quelli dei Comuni di Napoli e di Bari che invece presentano bilanci caratterizzati da squilibri finanziari che determinano gravi disavanzi di amministrazione rispettivamente di 2,465 miliardi e 14,355 milioni di euro.
Ancora più sorprendente è il fatto che la speciale classifica viene aperta e chiusa da due Province campane (come si evince dalla tab. 1): Città Metropolitana di Napoli (+134 milioni di euro) e Amministrazione Provinciale di Salerno (–36 milioni).
Questi Enti allora non sono effettivamente da sopprimere. Il dubbio sorge spontaneo anche perché dai dati emerge un’ulteriore conferma in tal senso: l’ottimo stato di salute finanziario delle Province Italiane viene rilevato anche, al 31.12.2020, dai saldi positivi di tesoreria, il cui valore assoluto ammonta a 7,673 miliardi di euro (cfr. tab. 2).
Ma quali sono le risorse economiche su cui basano i propri bilanci le Province e le CM? Nell’esercizio finanziario 2020 le entrate più rilevanti sono risultate quelle tributarie, contributive e da trasferimenti tra le quali assumono rilevanza: “Imposta sulle assicurazioni RC auto” (1,704 miliardi di euro), “Imposta di iscrizione al pubblico registro automobilistico” (1,308 miliardi), “Tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente” (1,308 miliardi), “Trasferimenti correnti da Amministrazioni centrali e locali” (2,668 miliardi; cfr. tab. 3).
Certo, si potrebbe obiettare che queste tipologie di entrate non sono incassate attraverso un’attività di riscossione messa in atto dall’Ente stesso, come invece avviene ad esempio per i Comuni in merito alle imposte sugli immobili, ma è il risultato di una serie di automatismi. Resta tuttavia il fatto che i bilanci nel loro insieme, sia per le entrate che per le uscite (orientate perlopiù verso le spese per il personale e le infrastrutture stradali; cfr. tab. 4), presentano valori positivi e piuttosto inaspettati.
La morale di questa analisi ci ricorda che, prima di decidere una qualsivoglia modifica dell’assetto costituzionale, sarebbe bene capire cosa ci dicono i numeri.
Tab.-1---Avanzi-e-disavanziI-per-ente.pdf
Tab.-2---Fondo-cassa-e-accantonamenti.pdf
Tab.-3---Entrate-2020.pdf
Tab.-4---Spese-2020.pdf