Monti e l’Fmi sbagliano. Ridurre il debito in una fase in cui l’inflazione e i tassi in rialzo stanno erodendo il potere d’acquisto rischia di aumentare le diseguaglianze.
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Da qualche giorno a questa parte è iniziato un tam tam destinato a diventare inevitabilmente più rumoroso nelle prossime settimane sul grosso pericolo che corre l’Italia a causa del suo alto debito pubblico.
Ha iniziato il senatore a vita ed ex premier Mario Monti con un gesto abbastanza forte: non ha votato la risoluzione del Def che di fatto apre le porte a un ulteriore deficit per contrastare gli effetti nefasti della guerra ucraina sulla nostra economia.
L’Italia e gli altri paesi fortemente indebitati hanno avuto 15 anni a disposizione per sfruttare il vantaggio di tassi storicamente bassissimi per tentare di ridurre lo stock di debito pubblico, ma il nostro paese non ha saputo cogliere questa finestra di opportunità.
Poi è arrivata la pandemia che ha spinto il rapporto debito/Pil ancora più in alto. Infine, la guerra, l’inflazione e l’inevitabile rialzo dei tassi di interesse. Un quadro macroeconomico che rende a dir poco complicato immaginare ora una qualche riduzione e/o stabilizzazione del debito.