L’inchiesta OpenLux, condotta dal quotidiano francese Le Monde insieme ad altre sedici testate - tra cui la belga Le Soir e la tedesca Süddeutsche Zeitung - fa luce sulle circa 140 mila tra società, fondi e fondazioni attive - una ogni quattro abitanti - ospitate dal Granducato.
Solo per la metà di esse si conosce la reale identità del proprietario e sul registro appaiono diverse “figure discutibili” come un trafficante di armi, un boss della criminalità russa o persone legate alla ‘ndrangheta, che avrebbero spostato lì i loro profitti per occultare le proprie attività. Nove società registrate su dieci risultano appartenere a non residenti.
Secondo i calcoli contenuti nell’inchiesta, tra il 2018 e il 2019 sono stati trasferiti in società offshore in Lussemburgo 6.500 miliardi di euro di attività, più di 100 volte il Pil 2019 dell’intero Paese, che conta 600 mila abitanti. “Queste società fantasma senza uffici o dipendenti sono state create da miliardari, multinazionali, atleti, artisti, politici di alto rango e persino famiglie reali”, riporta Le Monde.
Secca la smentita del governo guidato dal liberale Xavier Bettel: “La legislazione lussemburghese è pienamente conforme a tutte le normative europee e internazionali”, si legge in una nota diffusa dall’esecutivo. E allora perché il piccolo Stato, situato nel cuore dell’Ue, è collocato da molti ricercatori nei primi 5 paradisi fiscali del mondo?