Su 51 casi di debiti pubblici nazionali che superano il 130% del Pil dal 1800, 50 governi sono andati in default. A sostenerlo è uno studio da Hirschman Capital, l’hedge fund “più ribassista al mondo” secondo ValueWalk.
L’unica eccezione, finora, è il Giappone. Ma nel caso della terza economia al mondo il debito pubblico, se pur altissimo, è perlopiù domestico, ovvero detenuto da operatori nazionali. Dunque, la partita si gioca tra nipponici.
Un contesto (quest'ultimo) che non è certo quello dell’Italia, ben più esposta sui mercati finanziari. Occorre inoltre considerare che l’Fmi prevede che il rapporto debito/Pil italiano è già sopra il 165%.
Come se ne esce? La risposta più gettonata dagli esperti è puntando sull’incremento del Pil. Ma anche qui i dati non sono molto confortanti. L’Italia era ultima per crescita economica nella fase pre-pandemia. E i dati diffusi giovedì dalla Commissione europea hanno chiarito che l’economia italiana ritornerà a livelli prepandemici non prima del 2023.
Il che si tradurrà, visto che in media l’Unione europea recupererà quanto perduto a causa del Covid-19 nel 2022, in un aumento del gap tra il nostro Paese e altre economie comunitarie. Qualcun altro ipotizza come via di uscita la svalutazione della moneta. Pure in questo caso la via appare ostica: l’euro rispetto alla principale valuta su scala globale, il dollaro statunitense, sta vivendo una lunga fase di apprezzamento.
Quindi?