È la Polonia a bloccare l’accordo sull’imposta globale minima del 15% per le multinazionali. Il problema non è la percentuale, che invece sarebbe un motivo di critica ampiamente condivisibile, visto che si tratta di una misura gattopardesca. Ciononostante la presidenza francese dell’Ue ritiene che entro giugno l’accordo potrà essere sancito. Lo stesso ritiene la Commissione europea. Tutti gli aspetti tecnici dell’imposta sono stati risolti, ha spiegato il ministro francese Bruno Le Maire, riferendosi alle questioni poste da Svezia, Estonia, Polonia, Malta.
“La Polonia ha voluto che stabilissimo un collegamento tra il primo pilastro e il secondo pilastro dell’accordo Ocse ed era una richiesta legittima. Ora chiede un collegamento legalmente vincolante, che però non è possibile perché non si può far dipendere una direttiva europea da un accordo internazionale”. Il cosiddetto primo pilastro dell’intesa Ocse prevede il trasferimento dei diritti impositivi agli Stati in cui risiedono i consumatori che acquistano beni e servizi da una multinazionale; il secondo pilastro prevede un’aliquota minima di almeno il 15% per le imprese internazionali.
Le Maire ha aggiunto di non capire i motivi dell’irrigidimento polacco. È noto che Polonia e Ue sono ai ferri corti per le procedure sul rispetto dello Stato di diritto e il mancato via libera da parte di Bruxelles del prefinanziamento del Recovery Fund legato, appunto, al funzionamento della giustizia.