L’Osservatorio Cpi, in base alla documentazione ufficiale della Presidenza del Consiglio, del Ministero della Salute e dell’Iss, ha ricostruito come i celebri 21 indicatori sono utilizzati, attraverso il misterioso algoritmo, per classificare le regioni italiane in gialle, arancioni e rosse, dove i tre colori corrispondono alle tre diverse intensità delle restrizioni introdotte con il Dpcm 3 novembre 2020.
Questa ricostruzione è necessaria – spiega il Cpi – perché “il sistema adottato è complicato e la documentazione ufficiale è dispersiva e, in diversi passaggi, di non facile lettura”.
Sebbene il processo per stabilire il colore di una regione sia complesso, tre indicatori sono cruciali. Il primo è l’Rt (quante persone in media sono contagiate da una persona contagiata): se è sotto 1,25 una regione sarà automaticamente gialla a prescindere dagli altri indicatori, il che spiega perché anche regioni con situazioni ospedaliere in difficoltà e una crescita nel numero di contagiati (purché non troppo rapida, come accade se l’Rt è inferiore a 1,25) possano essere considerate gialle.
Inoltre, l’Rt ha un ruolo importante anche nella determinazione del “rischio”, ovvero dell’altro aspetto che concorre a determinare il colore di una regione. Gli altri due indicatori chiave sono l’occupazione dei posti letto in Area Medica e in Terapia Intensiva.
In base a quanto detto finora, sembrerebbe che l’assegnazione dei colori alle regioni sia un processo abbastanza “automatico” e basato sui dati. Tuttavia – avverte il Cpi – “le ragioni dietro alcune scelte cruciali sono ignote”. Inoltre, “la definizione delle soglie dei 21 indicatori non è giustificata in modo alcuno, tantomeno è descritto il processo che le ha determinate”.