Un viaggio alla scoperta della castagna. A proporlo è Carlo Petrini. “Il valore storico della castagna, lo scrivo anche se pare scontato farlo, è quello alimentare: ha contribuito a sfamare intere generazioni di montanari grazie alle sue proprietà – scrive su Repubblica il fondatore di Slow Food -. Un alimento nutriente, ricco di carboidrati, ma salutare grazie all’alto contenuto di fibre, senza dimenticare l’apporto di proteine e sali minerali come magnesio, potassio, calcio, ferro e zinco, oltre a rivelarsi una fonte di acidi grassi essenziali. La cultura, anzi la civiltà, del castagno nasce insomma per questa ragione: è stato un frutto fondamentale per assicurare qualcosa da mangiare a chi abitava i territori montani, quelli che oggi chiameremmo aree interne. In tutta Italia, d’inverno, in montagna chi aveva la fortuna di avere qualche capo animale si nutriva principalmente di latte e castagne.”
Petrini, poi, chiarisce: “Tutto questo accadeva poco più di settant’anni fa, non in un’altra era: poi, nel secondo dopoguerra e grazie all’industrializzazione, le cose sono cambiate. Urbanizzazione e spopolamento della montagna hanno portato a un rapido abbandono dei castagneti: la pianta sacra un po’ dappertutto è finita nel dimenticatoio, e con lei anche l’abitudine a inserire con regolarità i suoi frutti nella dieta dell’autunno. Un peccato, viste le virtù.”
Che non sono poche. Ad esempio – evidenzia Petrini – “dal punto di vista ambientale, i castagni contribuiscono a catturare anidride carbonica dall’atmosfera; da quello morfologico, assicurano la tenuta dei versanti delle montagne altrimenti esposti a frane e smottamenti. Benefici che richiedono il lavoro di molte persone: cioè occupazione e lavoro in aree oggi abbandonate, dove non si vive più, non esistono attività, non si produce reddito. E, badate bene, le castagne oggi non sono più quel cibo povero di cui probabilmente si portano ancora dietro una pesante etichetta: anche sul mercato, i prezzi hanno un riscontro importante, simile a quello delle più quotate nocciole piemontesi. Un castagneto ben tenuto, poi, significa bellezza: dove c’è bellezza c’è valore e ci può essere turismo.” Un frutto da podio, insomma.
Ci sono tre colture che disegnano il paesaggio dell’Italia: l’olivo, simbolo delle coste, la vite, che disegna le colline, e appunto il montano castagno.