Quest'anno ricorre il 200° anniversario della prima trasfusione di sangue da uomo a uomo di successo, condotta da James Blundell, un ostetrico inglese.
Nel frattempo il sangue è diventato un business: l’export globale vale ormai più di quello degli aerei. Ma questo commercio è viziato da una distorsione: il rifiuto della maggior parte dei governi di riconoscere un compenso ai donatori di plasma, componente liquida del sangue utilizzata per produrre importanti farmaci.
Il commercio si è trasformato e, oggi, è basato non più sul sangue intero per trasfusioni, la cui domanda sta diminuendo con il miglioramento delle tecniche mediche, ma proprio sul plasma. Nel 2015 ne sono stati utilizzati quasi 50 milioni di litri.
Sono numeri che fanno quasi dimenticare acciaio e auto. Il plasma costituisce l'1,6% dell'export Usa di beni. Il segreto di questo successo è semplice: gli Stati Uniti consentono alle imprese di pagare le persone per il loro plasma. Lo fanno anche Germania e Ungheria. Mentre i grandi importatori, come Australia, Francia e Belgio lo hanno vietato.
Negli Stati Uniti è possibile donare due volte la settimana, mentre in Europa, laddove consentito, soltanto una: non sono, tuttavia, disponibili prove di danni alla salute per chi si sottopone al prelievo, anche se uno studio più a lungo termine sarebbe auspicabile.
Nel frattempo cosa fare? I contrari spingono per l’utilizzo di soli volontari. Ma così facendo si raccoglie una quantità di plasma insufficiente che induce i paesi proibizionisti a importarlo dall’estero e, per lo più, da Stati che riconoscono un compenso ai donatori. Rientra dalla finestra ciò che è uscito dalla porta?