Dieci anni fa i dieci Paesi più popolosi del mondo avevano soltanto un leader che superava i settant’anni di età: il premier indiano Singh. Oggi il “club dei magnifici anta” è al completo: dieci su dieci.
Se gli statunitensi si apprestano a scegliere, salvo imprevisti, tra l’ottantaduenne Biden e il settantasettenne Trump, altrove i leader invecchiano comodamente adagiati sugli scranni più alti e non c’è neppure la possibilità di sostituirli.
In Cina e in Russia, è una questione autocratica oltre che anagrafica: quando Vladimir Putin salì al potere aveva 47 anni, la stessa età di Aleksei Navalny al momento della sua morte. E Xi Jinping non ne aveva compiuti sessanta, quando ottenne il primo mandato presidenziale nel 2013.
In Bangladesh Sheikh Hasina ha 76 anni e ha passato gli ultimi quindici sulla poltrona di primo ministro. Anche alcuni neo-eletti hanno i capelli grigi: in Nigeria il presidente Bola Tinubu il prossimo mese ne fa 72. Poi ci sono i redivivi: Luiz Inácio Lula da Silva ne aveva 58 quando arrivò a guidare il Brasile nel 2003, e vent’anni dopo è tornato al volante.
Infine, un paradosso: il continente più vecchio del mondo è quello che mediamente ha i leader politici più giovani. L’Europa non è presente nel club dei dieci Paesi più popolosi, ma l’età al vertice è comunque più bassa.