Un G7 di leader azzoppati

Le crisi di Macron, Scholz, Sunak e i guai di Biden. Le difficoltà di von der Leyen e Kishida. L’inconsistenza di Michel e Trudeau. L’unico leader che sembra godere di buona salute è Meloni

Un G7 di leader azzoppati

In Puglia è andato in scena un consesso di azzoppati. Prima di tutto Emmanuel Macron e Olaf Scholz, mai stati così deboli da anni a questa parte.

Il presidente francese ha subito un vero e proprio shock alle elezioni europee, con la vittoria del partito di Marine Le Pen, che lo ha indotto a sciogliere il parlamento.

Scholz ha visto il suo partito finire dietro non soltanto alla Cdu, ma anche ad Alternativa per la Germania (AfD): un sorpasso clamoroso e quasi umiliante.

Rishi Sunak è ormai agli sgoccioli della sua esperienza a Downing Street. Il 4 luglio, alle elezioni nel Regno Unito, il partito conservatore verrà spazzato via dal ritorno dei Laburisti di Keir Starmer.

Von der Leyen non è più sicura di un secondo mandato alla guida dell’Ue. Il belga Charles Michel da presidente del Consiglio europeo non ha mai lasciato il segno e, al pari di Justin Trudeau, premier canadese, difetta di carisma.

Anche Joe Biden, come noto, non attraversa un periodo felice. La campagna elettorale contro Donald Trump è particolarmente dura e le vicissitudini del figlio Hunter pesano sull’equilibrio familiare. Il presidente americano appare sempre più affaticato (non che Trump sia un giovincello con i suoi 78 anni suonati).

Pure il premier giapponese, Fumio Kishida, non gode di ottima salute, in termini di gradimento politico nel suo paese.

Tra i 7, ovvero i 9 comprendendo i leader delle due istituzioni europee, è la premier italiana a godere, apparentemente, del miglior stato di salute. Ma Giorgia Meloni deve fare attenzione: chi va con lo zoppo (spesso) impara a zoppicare. L’inquilina di Palazzo Chigi potrebbe comunque trarre un ulteriore e significativo vantaggio dal ‘regalo’ ricevuto da Macron, che inaspettatamente ha indetto nuove elezioni, aprendo la strada al trionfo del partito di Le Pen e soprattutto al possibile ridisegno degli equilibri politici europei.

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