Milioni di donne e uomini che producono il nostro cibo sono intrappolati nella povertà e affrontano condizioni lavorative brutali, nonostante i profitti da miliardi di dollari realizzati dall'industria alimentare. La denuncia è contenuta in un nuovo rapporto Oxfam.
Lo studio, "Ripe for Change", valuta anche le politiche e le pratiche adottate da alcuni delle più importanti catene di distribuzione in Europa e negli Stati Uniti. I risultati sono choccanti rispetto al trattamento riservato ai propri lavoratori e, soprattutto, ai piccoli produttori agricoli.
I supermercati trattengono circa il 50% dei loro ricavi, mentre poco più del 5% è destinato a produttori e agricoltori. Più in dettaglio, sulla base di un paniere di 12 prodotti alimentari provenienti da paesi di tutto il mondo, la quota media del prezzo proposto al consumatore finale dai distributori in Germania, Paesi Bassi, Indonesia, Sud Africa, Thailandia, Regno Unito e Stati Uniti è aumentata dal 43,5% rilevato nel 1996/8 al 48,3% nel 2015, mentre quella dei piccoli produttori agricoli è diminuita, nello stesso periodo dall'8,8% al 6,5%.
Le otto maggiori catene di supermercati in Europa e Stati Uniti hanno generato nel 2016 quasi un trilione di dollari di vendite, 22 mld di profitti e restituito 15 mld agli azionisti. Solo il 10% di ciò che i tre più grandi supermercati degli Stati Uniti hanno dato agli azionisti nel 2016 sarebbe stato sufficiente per consentire a 600 mila lavoratori thailandesi che producono gamberetti di ricevere un salario di sussistenza.
L’organizzazione denuncia che in Italia sono stati stimati circa 430 mila lavoratori irregolari nel settore agricolo, 100 mila dei quali vittime di sfruttamento. Numeri che fanno riflettere.