L’agricoltura biologica ha un fondamento scientifico? In realtà, in qualunque modo sia praticata, è biologica. Tuttavia, con tale espressione, si intende un insieme di pratiche codificate a livello legislativo, secondo cui i prodotti devono essere ottenuti mediante metodi di coltivazione e allevamento che ammettano solamente l’impiego di sostanze naturali, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, e insetticidi). A questo proposito va sottolineato che qualsiasi sostanza esistente è una sostanza chimica perché fatta di molecole, a loro volta fatte di atomi. Ciò che determina le proprietà di una sostanza è la sua struttura molecolare, indipendentemente dal modo in cui la molecola sia stata ottenuta. I rischi (o i pregi) di una sostanza sono del tutto indipendenti dal fatto che essa sia naturale o artificiale.
Al di là di ciò, alcune sostanze non di sintesi sono accettate dall’agricoltura biologica. Per proteggere le piante da parassiti e infestanti, è ammesso l’uso della tossina batterica Bt, delle piretrine, del rotenone, dei composti del rame e dello zolfo. La tossina batterica Bt è considerata a basso impatto ambientale, con effetti trascurabili sugli esseri umani, la fauna selvatica, gli insetti impollinatori. Le piretrine sono composti organici estratti da piante del genere Chrysanthemum: hanno una rapida azione neurotossica, che determina un’immediata paralisi. Le piretrine sono facilmente degradabili nell’ambiente per opera della temperatura e della luce. Il rotenone è un insetticida e acaricida estratto dalle radici di alcune piante tropicali della famiglia delle leguminose. Nonostante la sua origine naturale, il rotenone ha un forte impatto ambientale, visto che . è un insetticida non selettivo (quindi dannoso anche per gli insetti utili). L’Oms lo ha classificato come moderatamente pericoloso e leggermente tossico per l’uomo e i mammiferi. Per questi motivi il rotenone è in via di eliminazione dai protocolli di coltivazione biologica.
In agricoltura bio è ammesso l’uso dei composti del rame, principalmente il solfato di rame, prodotto industrialmente facendo reagire acido solforico su trucioli di rame. Il solfato di rame è quindi un prodotto chimico di sintesi. I composti del rame sono tossici e possono determinare fenomeni di accumulo nel terreno, difficilmente eliminabili. Lo zolfo è un elemento che si trova allo stato nativo in natura. Tuttavia, la maggior parte dello zolfo in commercio proviene dai processi di desolforazione dei combustibili fossili. Quindi, lo zolfo è un prodotto di raffineria.
Un altro punto debole dell’agricoltura bio riguarda la concimazione del terreno. Un elemento nutritivo importante per le piante è l’azoto, che costituisce circa i quattro quinti dell’atmosfera terrestre, ma non può essere direttamente utilizzato né dalle piante né dagli animali. Grazie alla chimica, l’uomo è tuttavia riuscito a trasformare l’azoto atmosferico in ammoniaca e in nitrati, entrambi utilizzabili dalle piante. È stato stimato che attualmente oltre la metà dell’azoto utilizzato dalle piante coltivate di tutto il mondo è di origine sintetica. I sostenitori dell’agricoltura bio affermano che l’utilizzo del letame possa soddisfare il fabbisogno di azoto delle colture. Tuttavia, l’azoto deriva da ciò che il bestiame mangia. I foraggi e i mangimi sono a loro volta prodotti utilizzando fertilizzanti azotati di sintesi. Quindi, indirettamente, anche gli agricoltori biologici beneficiano dei fertilizzanti chimici. E paradossalmente, se questi ultimi venissero eliminati, l’agricoltura bio non disporrebbe di quantità di azoto sufficienti per essere praticata.
A prescindere dall’origine delle sostanze utilizzate in agricoltura biologica, vale però la pena chiedersi quale sia la qualità dei prodotti finali. I prodotti dell’agricoltura bio presentano vantaggi nutrizionali rispetto a quelli tradizionali? Allo stato attuale delle conoscenze si può concludere che la superiorità qualitativa dei prodotto biologici non è mai stata dimostrata.
Infine, quanto costano i prodotti bio? Diverse analisi di mercato mostrano che mediamente il loro prezzo è circa il doppio rispetto a quelli ottenuti con l’agricoltura tradizionale. E, dal punto di vista dell’impatto ambientale, si consideri che in certi casi la produzione biologica (ad esempio di olive e di carne di manzo) determina meno emissioni di gas serra rispetto alla produzione convenzionale. In altri casi invece (produzione di latte, cereali e suini) è vero il contrario. Inoltre, l’agricoltura bio ha in generale minor impatto ambientale per unità di superficie utilizzata. Ma poiché le sue rese per unità di superficie sono generalmente inferiori, questo non è vero per l’unità di prodotto ottenuta. Ovvero, se tutta l’agricoltura mondiale diventasse biologica, per mantenere la stessa attuale produzione, occorrerebbe danneggiare la natura molto più di quanto non si faccia oggi con l’agricoltura tradizionale.
L’attuale moda che invita a tornare a un’agricoltura cosiddetta biologica non sembra pertanto avere molte motivazioni razionali. Appare piuttosto come un’ondata emozionale che la società moderna si può concedere, grazie al livello di benessere che ha raggiunto, per merito del (criticato) progresso scientifico-tecnologico. Anzi, alcune buone motivazioni ci sono. Quelle dei produttori che, buttandosi nel redditizio mercato del bio, vedono aumentare considerevolmente le proprie entrate.