Le prime 20 aziende zootecniche del mondo sono responsabili di più gas serra di quanto ne produca nel complesso un paese come la Germania. Questi giganti della carne e dei latticini emettono 932 milioni di tonnellate di CO2 l’anno, la Germania 902.
Ma il problema non finisce qui. Le imprese sotto esame ricevono miliardi di finanziamenti senza che i governi mettano un tetto alle loro emissioni. Secondo il rapporto, tra il 2015 e il 2020, queste aziende hanno ricevuto più di 400 miliardi di euro di sostegno da 2.500 società di investimento, banche e fondi pensione, la maggior parte con sede in Nord America o in Europa. Una cifra superiore ai 365 miliardi che l’Ue destina ogni 7 anni alla politica agricola comunitaria.
I dati emergono dal Meat Atlas 2021, l’ultimo resoconto realizzato dalla rete ambientale Friends of the Earth Europe e dalla Fondazione Heinrich Böll Stiftung. Altri numeri impressionanti sono stati elaborati dalla Fao. Secondo l’Agenzia dell’Onu, l’allevamento rappresenta il 14,5% delle emissioni mondiali di gas serra: il 45% proviene dalla produzione e dalla lavorazione dei mangimi, il 39% dalla fermentazione enterica e il 10% è attribuito allo stoccaggio e alla gestione del letame. E in tutto il mondo tre quarti di tutti i terreni agricoli vengono utilizzati per allevare animali o le colture per nutrirli.
Il paradosso è che, sebbene numerosi studi evidenzino la necessità che i paesi più ricchi dimezzino il consumo di carne, la produzione potrebbe aumentare di ulteriori 40 milioni di tonnellate entro il 2029. Raggiungendo i 366 mln l’anno con Cina, Brasile, Stati Uniti e Paesi dell’Ue responsabili del 60% dell’intera produzione mondiale, nonostante il consumo aumenterà specialmente nei Paesi in via di sviluppo.
Con questo trend ad andare in crisi non sarà soltanto il clima ma anche la concorrenza, con le grandi aziende che acquistano le piccole eliminando di fatto dalla scena modelli di produzione più sostenibili.