Le persone che trascorrono molto tempo in isolamento sociale sembrano associate a un rischio del 26% più elevato di sperimentare problemi di demenza e di subire riduzioni del volume del cervello nelle regioni legate all’apprendimento e al pensiero.
Questi, in estrema sintesi, sono i risultati di uno studio, riportato sulla rivista Neurology, condotto dagli scienziati della Fudan University di Shanghai, in Cina.
Il gruppo di ricerca, guidato da Jianfeng Feng, ha coinvolto circa 463mila partecipanti inglesi, che sono stati sottoposti a sondaggi, esami diagnostici, risonanza magnetica, misurazioni fisiche e biologiche e test della funzione cognitiva. I volontari, che avevano un’età media di 57 anni all’inizio dello studio, sono stati seguiti per 12 anni prima della pandemia.
Stando a quanto emerge dal lavoro, il 9% del campione ha dichiarato di aver sperimentato l’isolamento sociale, mentre il 6% ha sofferto di solitudine.
Un totale di 4.998 individui ha sviluppato demenza nel corso del periodo di indagine, rispettivamente l’1,55% dei partecipanti socialmente isolati e l’1,03% di coloro che intrattenevano rapporti con amici e parenti o partecipavano ad attività sociali.
Gli scienziati hanno poi aggiustato i valori considerando età, genere, stato socioeconomico, consumo di alcol e fumo, e altre condizioni come depressione e solitudine.
Nel complesso - riportano gli autori - i dati indicano che l’isolamento sociale risulta associato, come detto, a un rischio del 26% più elevato di sperimentare demenza.