Lo stato sociale britannico rischia di sgretolarsi schiacciato da profondi problemi strutturali. Nel 2015/16 sono giunte oltre 1,8 milioni di nuove richieste di assistenza socio-sanitaria e il deficit, in progressivo aumento, è arrivato a 2,5 miliardi di sterline.
Si è instaurato un circolo vizioso: la popolazione invecchia rapidamente e accresce la pressione su un sistema già in ginocchio. Nel Regno Unito il numero di persone oltre gli 85 anni dovrebbe raddoppiare entro il 2030 e le domande per l'assistenza sociale crescono al ritmo del 3,7% annuo.
Ciò ha anche gravi ripercussioni sul sistema sanitario pubblico: tra il 2010 e il 2017 la quota di pazienti anziani ricoverati in ospedale che potevano essere curati senza essere ospedalizzati è aumentata del 77%. E per curarli, da sdraiati su un letto d’ospedale, il National Health System spende circa 820 milioni di sterline l’anno.
Questo dimostra che c'è bisogno di un cambiamento radicale nel modo in cui viene vista l'assistenza sociale. Non più un buco nero che risucchia fondi, ma come un fattore chiave dell’economia. Dopo tutto, il settore della cura e assistenza è già un importante comparto produttivo, che impiega 1,58 milioni di persone e contribuisce con oltre 40 miliardi di sterline l’anno all'economia del Regno Unito. Ed è in crescita costante, spinto dall’invecchiamento della popolazione. Il numero di posti di lavoro nell'assistenza sociale aumenterà del 31%, arrivando a circa 2 milioni di occupati entro il 2030.
Una possibile soluzione è superare un sistema dominato da un piccolo numero di fornitori di grande dimensione. Lo studio della New Economics Foundation ha rivelato che, dei 2 miliardi di sterline promessi all'assistenza sociale dal governo May, 115 milioni vanno direttamente nelle tasche degli investitori delle cinque maggiori imprese fornitrici. Ecco, questo è il meccanismo che va cambiato.