L’agenzia di rating Moody’s ha confermato, in riferimento all’Italia, il rating a Baa3, il più basso tra i giudizi di investment grade, alzando però l’outlook da “negativo” a “stabile”.
Un taglio alla valutazione avrebbe portato il Bel Paese al cosiddetto livello “junk”, ovvero “spazzatura”, facendo schizzare con tutta probabilità lo spread (e creando una situazione simile a quella del 2011 quando le “pressioni” dei mercati costrinsero Silvio Berlusconi a dimettersi).
Un sospiro di sollievo lo ha tirato anche la Banca Centrale Europea che ha nel suo capiente pancione una quantità enorme di Bot e Btp: a settembre 2023, il controvalore dei titoli pubblici italiani detenuti da Francoforte era pari a 716 miliardi di euro.
Moody’s aveva deciso di abbassare l’outlook da stabile a negativo poco dopo la caduta del governo Draghi, avvenuta nel luglio del 2022, rendendo concreto il rischio di una bocciatura sul debito pubblico.
Le prime tre valutazioni, fatte rispettivamente da S&P, Dbrs e Fitch, avevano lasciato immutato il rating e anche l’outlook - ovvero le prospettive - sul debito sovrano dell’Italia, pur in presenza di un rallentamento dell’economia evidenziato nei rapporti.