La sola minaccia statunitense rivolta all'Iran di re-imporre sanzioni ha già ridotto l'attrazione degli investimenti esteri. Teheran corre ai ripari e sta ora cercando fonti alternative per finanziare i progetti energetici del paese.
La soluzione al problema - elaborata dal governo iraniano - è l'emissione di obbligazioni denominate sia in valuta nazionale che estera per sviluppare le attività petrolifere. Secondo le regole bancarie islamiche, nessun interesse è pagato sulle obbligazioni: gli acquirenti diventano azionisti e condividono i profitti o le perdite. In passato, il governo aveva già emesso obbligazioni sovrane garantite dallo Stato per pagare i debiti e migliorare il bilancio del settore bancario.
L'esecutivo spera che, attraverso l'emissione di obbligazioni denominate in valute di altri paesi, possa calmierare l’eccesso di acquisti in dollari ed euro causato dal recente deprezzamento della moneta nazionale, il rial, e assicurare i fondi tanto necessari per l’economia nazionale. In tal modo il ministro iraniano del petrolio, Bijan Zangeneh, spera di riuscire ad evitare le sanzioni degli Stati Uniti e ad aumentare la produzione di greggio di 460 milioni di barili entro tre anni.
Teheran ha un grande avversario, ma anche trovato una mano tesa da altri paesi. A seguito dell'annuncio di Trump di voler rompere l’accordo con l’Iran sul nucleare, i leader di Francia, Germania e Regno Unito hanno confermato in una dichiarazione congiunta l'impegno dei loro paesi nei confronti dell’intesa, che ora Trump disconosce, e di voler collaborare con la Russia. L’obiettivo è confermare l’accordo, evitare scenari apocalittici di nuovi conflitti e consentire alle imprese europee, soprattutto, tedesche di operare in Iran.