Se nel 1980 la finanza globale valeva 12mila miliardi di dollari, nel 2012 questo valore è salito a 225mila mld. Il capitalismo classico è dunque sparito? No, è stato affiancato. Nel capitale azionario delle multinazionali tradizionali figurano comunemente i nomi di grandi fondi d’investimento.
È su questo fenomeno che si concentra il lavoro di prossima uscita firmato da Alessandro Volpi, autore di “Prezzi alle stelle. Non è inflazione, è speculazione” (Laterza, 2023), testo in cui è analizzata la presenza di quattro grandi fondi d’investimento statunitensi (Vanguard, BlackRock, State Street Capital e Geode Capital Management) in alcune delle aziende a più alta capitalizzazione del Pianeta.
“La gran parte delle aziende più capitalizzate al mondo vede la presenza di uno o più tra questi quattro fondi nel loro capitale azionario - spiega Volpi -. Quelle poche che fanno eccezione sono spesso cinesi o attinenti al bacino del sud-est asiatico”.
Le grandi del settore tech -Amazon, Alphabet, Microsoft, Apple, Meta – sono tutte caratterizzate dalla presenza dei quattro fondi. Lo stesso vale per giganti del settore difesa come Lockheed Martin; dell’alimentare come Coca Cola, Pepsi e Kreift Heinz; dei pagamenti come Visa, Mastercard e Paypal. Gli stessi operatori del settore finanziario sono a loro volta contesi dai grandi fondi.
Anche la concentrazione di capitale è un tema. La grande presenza dei fondi in tutti i gangli dell’economia reale porta a importanti squilibri di potere. La crisi energetica che abbiamo vissuto negli ultimi due anni è stata aggravata dalla speculazione sui prezzi dell’energia operata nei mercati finanziari. Si tratta, in pratica, di un fenomeno, insomma, che influisce sulla vita quotidiana di miliardi di persone.