Una criptovaluta per democratizzare il denaro e porre fine al ‘Qe’

Dal 2008 il denaro delle banche centrali è convogliato, tramite gli istituti di credito privati, su pochi fortunati. Per tutti gli altri, stagnazione e austerità. Ma c’è una soluzione al problema: criptovalute emesse direttamente dalle banche centrali

Una criptovaluta per democratizzare il denaro

Il ‘cartello’ delle banche, che controllano il sistema creditizio, manda in tilt gli sforzi delle banche centrali destinati a stimolare le imprese e finiscono per amplificare le disuguaglianze senza affrontare la stagnazione economica, e tantomeno il cambiamento climatico. Ma – secondo Yanis Varoufakis - la soluzione al problema c’è e prende la forma delle criptovalute.

“Al momento, il sistema di pagamento è completamente nelle mani degli istituti di credito – attacca l’economista ellenico -. Così, quello che dovrebbe essere un servizio pubblico, come le strade o le infrastrutture fognarie, è invece un cartello (molto redditizio). Il denaro inondato dalle banche centrali è perlopiù andato a poche fortunate aziende.”

Ecco allora che le criptovalute (private) rischiano di minacciare il monopolio dei banchieri sul sistema di pagamento, sia nazionale che internazionale. Ma hanno comunque numerosi difetti. “Vista la natura ‘privata’ dei Bitcoin (che peraltro sono accusati di consumare una quantità immane di energia, ndr), i governi non sarebbero evidentemente in grado di sostenere i lavoratori e le imprese in crisi – sostiene Varoufakis -. E per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo che non prendono in prestito nelle proprie valute, adottare una criptovaluta come moneta nazionale, come ha fatto di recente El Salvador, rischia di causare problemi ancora peggiori di quelli causati dalla dollarizzazione.”

Ma qualcosa si potrebbe fare. E il discorso cambierebbe se ad adottare le criptovalute fossero le banche centrali. “L’obiettivo dovrebbe essere la cessazione del monopolio dei pagamenti e della creazione di denaro da parte dei banchieri – spiega l’economista -. Le valute digitali emesse dalle banche centrali potrebbero raggiungere tre obiettivi: liberare il sistema dei pagamenti, garantire trasparenza su quanti soldi vengono colti dall’albero del denaro e democratizzare l’accesso ai frutti dell’albero.”

Per andare in questa direzione, il “primo passo” è separare i pagamenti dall’albero monetario dei banchieri. Questo può essere ottenuto facilmente nel momento in cui la banca centrale assegna automaticamente a ogni residente un conto digitale, un Pin e un’applicazione che consente trasferimenti di denaro gratuiti e immediati.

Il “secondo passo” è porre fine al socialismo per gli ultra-ricchi, noto anche come ‘quantitative easing’. Invece di finanziare le banche centrali che prestano alle aziende, che poi utilizzano il denaro per riacquistare le proprie azioni, aumentando così la loro ricchezza senza un centesimo di investimenti effettivi, la banca centrale accrediterebbe (appunto) una somma mensile sul conto di ogni residente (tassata dal governo).

“Prima o poi la moneta digitale delle banche centrali vedrà luce – preconizza Varoufakis –. La grande lotta su chi controllerà il sistema di pagamento e l’albero del denaro continuerà. Ma abbiamo la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie per democratizzare il denaro, per recuperare il controllo sulla massa monetaria, per offrire ai risparmiatori un tasso di interesse decente senza precipitare in una nuova depressione, e per gettare le basi per un dividendo di base universale. In breve, per orientare l’albero del denaro al servizio delle persone e del pianeta.”

Chi controlla transazioni, tassi di interesse e creazione di denaro controlla la politica. Ecco perché – conclude l’economista – “la prospettiva di una moneta digitale emessa dalle banche centrali è un’idea che sarà a lungo attaccata”.

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