L’inflazione si mantiene alta negli Stati Uniti, in continua crescita in Europa così come in numerosi paesi in via di sviluppo. Anche negli Stati che hanno intrapreso da più tempo politiche monetarie restrittive (Brasile, Cile, Polonia e Ungheria), la corsa al rialzo dei prezzi al consumo non accenna a diminuire. Eppure – evidenzia l’economista Roni Hamaui - il costo delle materie prime agricole e non agricole ha conosciuto negli ultimi mesi un notevole raffreddamento.
Tuttavia, l’idea che l’inflazione attuale sia il risultato di fattori speciali (pandemia; vincoli all’offerta; guerra in Ucraina; prezzi dei prodotti energetici), che svaniranno presto riportandola rapidamente sui livelli ritenuti accettabili (ovvero intorno al 2% secondo Fed e Bce), “risulta altamente improbabile – spiega Hamaui -. E forse è altrettanto utopistico sperare che sia sufficiente riportare i tassi di interesse ufficiali al loro livello neutrale”.
È probabile che i prezzi al consumo al lordo delle materie prime energetiche e alimentare nei prossimi mesi comincino a frenare la loro crescita, ma è altrettanto plausibile che la core inflation diminuisca molto lentamente.
“Ecco perché è difficile che la salita dei tassi di interesse possa cessare prima che l’economia cada in recessione”, aggiunge Hamaui. Purtroppo, come diceva l’economista Michael Bruno: “L’inflazione somiglia al fumo: una volta che si supera una soglia minima, è molto difficile sfuggire a una sua dipendenza”. Se non con determinazione e sacrifici.