Cominciamo, facendo un passo indietro. Esattamente al 7 aprile del 2011. In quel giorno il Portogallo, nel bel mezzo della crisi europea degli spread, chiese aiuto all’Ue e all’Fmi. Poco più di un decennio più tardi, il Portogallo viene portato dall’agenzia di rating Moody’s nella classe più alta.
Quella avvenuta venerdì (17 novembre), a mercati chiusi, è una doppia promozione per il Paese lusitano (che nei giorni scorsi è stato investito da vicende giudiziarie ai massimi vertici politici): il rating è salito di due gradini, da “Baa2” (che era un gradino sopra il rating italiano) a “A3”.
La decisione – ha spiegato Moody’s - deriva dal sostegno dato alla sostenibilità del debito nel medio termine “da una serie di riforme economiche e fiscali, dalla riduzione dell’indebitamento del settore privato e dal continuo rafforzamento del sistema bancario”.
Le prospettive di medio termine del Portogallo sono, inoltre, sostenute da “significativi investimenti pubblici e privati e dall’implementazione di ulteriori riforme strutturali, entrambi correlati al Pnrr”. Al contempo, “una crescita robusta e bilanci sostanzialmente in pareggio fanno sì che il peso del debito continui a diminuire a uno dei ritmi più rapidi tra le economie avanzate, anche se da livelli elevati”.
Inoltre, per i prossimi anni, Moody’s valuta che “l’impatto economico negativo derivante dall’invecchiamento della popolazione venga mitigato dall’immigrazione, da una maggiore partecipazione al mercato del lavoro e dalla crescita della produttività”.