La drammatica svalutazione della lira turca (-42% da inizio anno sul dollaro) ha fatto schizzare il costo delle bollette. L’impennata del costo dell’energia importata ha, infatti, costretto le autorità di Ankara ad alzare drasticamente il prezzo di gas ed elettricità. Ma questo è solo un primo assaggio della “cura” cui saranno sottoposti i cittadini turchi a causa della riduzione del potere d’acquisto della loro moneta, in un Paese che negli ultimi 12 mesi ha accumulato un disavanzo con l’estero di 60 miliardi di dollari (circa il 7% del Pil).
L’economia turca è molto dipendente dall’importazione di beni e servizi dall’estero e, dunque, un deprezzamento della valuta nazionale si traduce in un aumento dei prezzi dell’import. Non solo. Secondo le stime di Jp Morgan, su banche e imprese turche pesa un debito estero di 146 miliardi di dollari in scadenza entro un anno. Se la caduta della lira non si ferma, il costo di questi debiti sarà insostenibile e la crisi da valutaria diventerà bancaria.
Intanto i turchi fanno i conti con l’inflazione: dopo il 15,8% annuo di luglio (+25% i prezzi alla produzione), quella ufficiale è salita al 17,9% in agosto. Si tratta del livello più alto dal settembre 2003, l'anno in cui Recep Tayyip Erdogan prese il potere come primo ministro. Il problema è che, a fronte del crollo della lira nelle ultime settimane, l’inflazione reale potrebbe essere molto più elevata. Secondo alcuni economisti, negli ultimi giorni sarebbe salita al 100%.
Per tentare di arrestare l'aumento dei prezzi la Banca centrale dovrebbe aumentare i tassi di interesse, come ha fatto - anche se finora con scarso successo - la Banca centrale argentina (dove il costo ufficiale del denaro è stato portato al 60%). In una nota la Banca centrale turca afferma che "i recenti sviluppi relativi all’outlook dell'inflazione indicano significativi rischi per la stabilità dei prezzi" e che "adotterà le azioni necessarie per supportare la stabilità dei prezzi". La decisione verrà presa nella riunione del 13 settembre, data che si annuncia come un vero e proprio spartiacque per la Turchia.
Il livello dei tassi di interesse resta per ora al 17,75%. Ma la Banca centrale deve vedersela con Erdogan, nemico dichiarato dell'incremento dei tassi di interesse e sostenitore della bizzarra tesi secondo la quale l’aumento del costo del denaro fa salire l’inflazione. La realtà è che gli investitori finora non si sono fidati delle risposte date dalle autorità alla tempesta valutaria che si è abbattuta su Ankara.