Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha licenziato tre alti funzionari della Banca Centrale tra cui due vice governatori, lo riportano vari media turchi. Subito dopo la pubblicazione della decisione in Gazzetta Ufficiale, la valuta turca ha segnato un nuovo record negativo. All’inizio del 2018, rispetto al dollaro Usa, la lira era valutata a 3,75. Nel complesso, la divisa ha perso il 60% del suo valore negli ultimi tre anni e il 23% solo quest’anno. E, al contempo, l’inflazione è salita al 20%.
Nelle vesti di strenuo difensore di una politica economica basata sui tagli ai tassi di interesse, negli ultimi anni Erdogan è spesso entrato in conflitto con la Banca centrale turca e in poco più di due anni ha nominato tre diversi governatori (quello attuale è Sahap Kavcioglu), minando la fiducia degli investitori, a causa delle preoccupazioni sull’indipendenza della politica monetaria.
Erdogan ritiene che un alto tasso di interesse causi un aumento dei prezzi e sulla base di questa convinzione (errata) chiede ripetutamente il taglio dei tassi. In realtà, la maggior parte degli economisti pensa che tra i tassi e prezzi al consumo sussista una correlazione negativa: all’aumentare di uno dei due, l’altro tende a diminuire.
Eppure, nonostante tutto, l’economia del paese guidato da Erdogan continua a crescere, sulla base di un enorme potenziale, e nel 2020 la Turchia, insieme alla Cina, è stato l'unico paese a registrare un Pil positivo (considerando le principali economie globali).