L’inflazione ha raggiunto il 78,6% su base annua in Turchia a giugno, la più alta dal 1998, dunque prima dell’avvento al potere di Erdogan (2003). Il forte aumento dei prezzi è in gran parte spiegato dal crollo della lira turca, che ha perso quasi la metà del suo valore in un anno rispetto al dollaro.
L’instabilità macroeconomica rischia di rendere più difficile il futuro di Erdogan a meno di un anno dalle elezioni presidenziali previste per giugno 2023. Anche perché l’Inflation Research Group (Enag), composto da economisti turchi indipendenti, ritiene che l’inflazione galoppi nella realtà molto più di quanto fotografato dalle stime ufficiali: +175,5% annuo.
Nonostante ciò, la Banca centrale turca continua a rigettare l’idea di aumentare i tassi di interesse. Contrariamente alla teoria prevalente, il presidente Erdogan infatti ritiene che gli alti tassi di interesse promuovano l’aumento del livello dei prezzi al consumo.
C’è anche un altro risvolto che conferma la criticità della situazione macroeconomica in Turchia. L’inflazione ha spinto il governo ad annunciare nei giorni scorsi un ulteriore aumento 25% del salario minimo, dopo quello del 50% attuato lo scorso primo gennaio.