Nel giro di pochi giorni, Moody’s ha lanciato un grido di allarme sulle banche tedesche condiviso dalla stessa Bundesbank, mentre Fitch ha avanzato l’ipotesi che l’Eurozona sia colpita dalla “sindrome giapponese” cioè sia entrata in un circolo vizioso fatto di deflazione e crisi bancaria endemica. L’analisi dell’Eba (European Banking Authority) ha ribadito il calo strutturale della redditività, certificando che le banche tedesche (almeno le principali) sono le uniche a registrare redditività negativa nel 2018.
“I problemi di oggi delle banche europee sono così gravi e diffusi – spiega l’economista Marco Onado - perché riflettono debolezze strutturali dovute in primo luogo a una crescita eccessiva dei prestiti in quasi tutti i paesi, subito dopo l’introduzione dell’euro (Italia compresa, anche se in forma meno patologica di Irlanda, Spagna o Grecia), che si è inevitabilmente tradotta, quando la festa è finita, in insolvenze dei debitori e perdite per le banche”.
Ma la crescita eccessiva del credito negli ultimi decenni è una parte di un problema più complesso: “Tutto il sistema bancario europeo è ipertrofico nella duplice accezione di troppo grande in senso economico rispetto alle esigenze della realtà produttiva e troppo grande in senso fisico rispetto all’evoluzione tecnologica in atto”, aggiunge Onado.
È allora scontato che il problema diventi più acuto in uno scenario in cui i tassi di interesse si attestano sui livelli più bassi degli ultimi 70 anni.
Il problema vero, tuttavia, è che la redditività di base (cioè il reddito rispetto al totale dell’attivo) delle banche europee e in particolare tedesche anche prima della crisi, era bassa: circa la metà delle statunitensi. “Solo riducendo il capitale (cioè aumentando il rischio finanziario) prima della crisi si arrivava anche in Europa a una redditività del capitale elevate – spiega Onado -. Adesso che le autorità hanno forzato un necessario processo di irrobustimento patrimoniale, il Re è nudo, come nella favola di Andersen. Non ci si può allora stupire se il sistema bancario anziché essere fattore di sviluppo diventa una palla al piede dell’economia, come è appunto avvenuto in Giappone a partire dagli anni ‘90.”