La banca spagnola BBVA ha alzato al 4 per cento lordo annuo la remunerazione dei depositi, senza condizioni né di saldo minimo né di permanenza, con accredito mensile.
Il tasso è il più elevato nel Bel Paese per le somme depositate senza vincolo di durata e rappresenta una sfida ai grandi istituti nazionali che sinora hanno rifiutato di aumentare sopra lo zero il rendimento, sostenendo in più occasioni che il conto corrente è un servizio e non un investimento.
Un eventuale successo dell’iniziativa di Bbva potrebbe spingere altre banche ad aumentare gli interessi sui conto correnti. Sinora, a dispetto dell’elevata inflazione, gli istituti italiani hanno subito modesti riscatti dai depositi, specie per quanto riguarda la clientela retail.
Le ragioni di tale ritardo non sono chiare: qualcuno ritiene dipenda dalla scarsa educazione finanziaria dei risparmiatori italiani, altri alla loro tradizionale prudenza, altri ancora alla scarsa concorrenza presente sul mercato bancario italiano.
In ogni caso, la situazione ha consentito agli istituti nazionali di incrementare il margine di interesse, ossia la differenza fra il costo della raccolta di denaro e gli interessi applicati sugli impieghi di questo denaro in prestiti e altre forme di credito. Qualora i deflussi dovessero accelerare, allora gli istituti potrebbero vedersi infine costretti ad alzare la remunerazione dei conti correnti.
Verrebbe così meno una delle giustificazioni addotte dal governo per la tanto criticata tassa sugli extra-profitti bancari. L’aumento delle remunerazioni dei conti correnti, peraltro, non sarebbe utile soltanto ai clienti ma anche benefica per le casse pubbliche. Bisogna infatti considerare che sui rendimenti dei depositi è prevista una ritenuta fiscale del 25 per cento.