La diminuzione delle entrate dalle esportazioni di energia colpisce il rublo che, dopo avere subito una caduta libera nelle ultime settimane, il 14 agosto ha toccato i livelli più bassi dal marzo del 2022, poco dopo l’inizio dell’operazione militare russa in Ucraina.
II dollaro ha sfondato la barriera psicologica dei 100 rubli e l’euro quella dei 110 rubli, inducendo la Banca Centrale Russa a convocare una riunione straordinaria del board per il 15 agosto in cui è stato deciso di aumentare il tasso di interesse al 12 per cento dall’8,5.
Dopo l’annuncio dello sfondamento, il dollaro è sceso sotto i 99 rubli e l’euro sotto i 108. Ma ciò non significa che l’allarme sia cessato, come suggerisce la storia recente. A partire dall’attacco all'Ucraina, nel febbraio del 2022, il rublo ha seguito un corso ballerino.
Dapprima crollando fino a quota 120 rispetto al dollaro, poi riprendendosi durante l’estate dello stesso anno fino a raggiungere i massimi livelli degli ultimi 7 anni, grazie agli altissimi prezzi dell’energia e agli interventi della Banca centrale, che ha innalzato il tasso di interesse fino al 20 per cento e ha posto severi controlli sui capitali. Infine, dall’inizio di quest’anno, la moneta nazionale si è nuovamente indebolita di circa il 25 per cento.
Una delle peggiori performance del mondo nel corso del 2023, superata solo da valute problematiche come il peso argentino, il bolivar venezuelano e la lira turca.
D’altronde, da quando il G7 ha imposto un limite di prezzo di 60 dollari sul petrolio russo nello scorso mese di dicembre, il valore delle esportazioni è crollato. Un fatto solo in parte spiegato da un prezzo globale del greggio più basso. Nei primi sette mesi dell’anno, il surplus delle partite correnti della Russia (il conto delle partite correnti esprime la variazione della posizione netta di un’economia nei confronti del resto del mondo) è sceso dell’86 per cento, attestandosi a circa 25 miliardi di dollari.
Tuttavia, secondo i dati ufficiali, la Federazione Russa aveva riserve in valuta estera di 587 miliardi di dollari all’inizio di agosto, suggerendo che la banca centrale ha la potenza di fuoco per sostenere il valore del rublo se lo desidera. Il problema è che circa 300 mld di queste riserve sono congelati dall’Occidente.