Le riserve in oro della Russia hanno raggiunto il livello di 1.944 tonnellate a giugno 2018, ma erano meno di 500 dieci anni fa. Nello stesso periodo, la quota del metallo prezioso rispetto alle riserve totali detenute da Mosca è cresciuta dal 2,5% a oltre il 17%. La Federazione è così entrata a febbraio nella top five dei paesi che detengono oro. E potrebbe presto superare il record di 2.800 tonnellate stabilito ai tempi dell’Unione Sovietica.
La scorsa settimana, il Tesoro degli Stati Uniti ha confermato che la Russia ha venduto titoli Usa. E lo fatto in modo drastico, passando dai 92 miliardi di dollari del dicembre 2017 ai soli 14,9 mld attuali. Mosca è di fatto fuori dal club dei principali possessori di titoli statunitensi.
Sebbene, infatti, il dollaro continui a fungere da valuta globale de facto, i rischi concreti di una guerra commerciale rimettono in primo piano l’utilità del metallo prezioso per eccellenza. Anche perché con un debito globale pari a circa 247 trilioni di dollari osservato a giugno (pari al 31,8% del Pil mondiale), l'oro, pur essendo soggetto a fluttuazioni, è comunque preferibile visto che si ritiene non possa collassare improvvisamente. Mentre i buoni del tesoro (americani o meno) potrebbero perdere gran parte del valore se un grande detentore improvvisamente decidesse di vendere.
In ogni caso il legame è difficile da spezzare. La Russia non può sbarazzarsi del dollaro, dal momento che il 70% del commercio mondiale è ancora condotto utilizzando la valuta Usa. E, soprattutto, il petrolio è denominato in dollari. A maggior ragione meglio diversificare le riserve, devono aver pensato al Cremlino, dove la mossa di abbandonare i titoli del Tesoro statunitensi e fare scorta del metallo è stata vista come un'occasione d'oro per assicurare al paese un futuro meno incerto. E non c'è da perdere tempo. Come ha spiegato l'US Geological Survey, se la produzione continuerà ai livelli attuali le riserve d'oro mondiali ancora non sfruttate saranno esaurite entro il 2034.