Il dibattito è aperto anche in Germania. O, come scopriremo in questo articolo, soprattutto nella prima economia europea. Con l’Italia che rischia di giocare un ruolo marginale nonostante sia in prima linea nel provare a gestire il flusso dei migranti in arrivo via mare.
Il ministro del Lavoro Hubertus Heil ha parlato forte e chiaro: a suo dire il governo di cui fa parte dovrebbe riformare la legge sull’immigrazione al fine di facilitare l’arrivo di lavoratori africani qualificati in Germania.
E qui emerge il pragmatismo tedesco: uno dei nodi è come riconoscere tipologie e livelli delle qualifiche dichiarate dai migranti. Ma una cosa è certa: la prima economia europea non può farne a meno. D’altronde, la freddezza dei numeri è lì a cristallizzare il problema: l’età media della popolazione tedesca è di 49 anni, quella ad esempio ghanese è 19 anni.
Ma Johann Ivanov, direttore della Fondazione Friedrich Ebert in Ghana, vede alcuni rischi: alla testata tedesca Deutsche Welle ha detto che la Germania non deve lasciarsi trasportare nella sua ricerca per affrontare il proprio deficit di manodopera qualificata mettendo in svantaggio i paesi africani. In altri termini, la cooperazione in tal senso dovrebbe essere perseguita solo per vantaggi reciproci. E non trasformarsi in una nuova forma di colonialismo.
Nel frattempo Berlino tira dritto e può già contare su un centro ghanese-europeo per il lavoro, la migrazione e lo sviluppo aperto nel 2017 ad Accra, la capitale del paese africano. Inizialmente è stato avviato dalla Germania, ma ora ha ricevuto anche il sostegno dell’Ue.
L’idea che sta prendendo piede a Berlino è: visto che c’è assoluta necessità di lavoranti immigrati, perché non aprire alcuni Centri per l’impiego nei principali paesi africani e reclutare sul posto la forza lavoro necessaria?