Dalla nomenklatura tedesca un duro attacco alle Istituzioni europee e, soprattutto, all’Italia

Un affronto mai visto prima all’indipendenza dell’Eurotower, sede della Banca Centrale Europea, e all’autonomia della Corte di Giustizia che arriva dalla Germania. Ma non dal governo di Berlino, che anzi è ritenuto da molti in terra tedesca troppo accondiscendente con le politiche introdotte da Mario Draghi quando era alla guida della Bce. Bensì dalla Corte costituzionale tedesca.

Dalla nomenklatura tedesca un attacco all’Ue e all’Italia

Nella sentenza con cui dichiara il Qe legale ma parzialmente incostituzionale, l’Alta Corte di Karlsruhe ha attaccato frontalmente il tribunale del Lussemburgo e ha dato un ultimatum di tre mesi alla Bce per fare “chiarezza” sul programma d’acquisto di titoli pubblici.

Tre mesi dopo i quali la Bundesbank, la Banca centrale tedesca prima azionista della Bce, potrebbe essere costretta a chiamarsi fuori dai programmi di acquisto dell’Eurotower a sostegno delle economie dell’Eurozona.

La decisione di Karlsruhe è clamorosa soprattutto per l’impatto politico. Perché i giudici costituzionali hanno intimato prima al Consiglio Direttivo della Bce di giustificare di non aver perseguito “obiettivi di politica monetaria sproporzionati rispetto agli effetti di politica fiscale e di bilancio” e mettendo in dubbio la legittimità delle decisioni della Corte di Giustizia europea (nel dicembre 2018 ha stabilito che la Bce stava agendo nel rispetto del suo mandato per la stabilità dei prezzi).

La principale lettura che gli esperti danno è di duro attacco all’Ue. E in effetti lo è. Ma sullo sfondo il bersaglio è l’Italia. La decisione della Corte tedesca impone una limitazione dello spazio d’azione della Bce e, in particolare, verso l’acquisto massiccio di titoli italiani, politica che Francoforte sta in queste settimane perseguendo in modo insistente.

Il messaggio quindi, indiretto che viene da Karlsruhe sembra rinnovare la disponibilità a contribuire all’eventuale salvataggio del nostro Paese ma senza condividerne i rischi, ovvero il debito pubblico e relativi Eurobond. Il che pone un ostacolo insormontabile sul percorso verso una piena Unione monetaria e fiscale in Europa.

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