Le immagini che arrivano dalla Palestina passano con difficoltà nei media tradizionali, ma straripano nei social media ormai accessibili in tutto il mondo in tempo reale. Il vettore di questa diffusione è lo smartphone.
Come spiega Juan Carlos De Martin nel suo libro ‘Contro lo smartphone – Per una tecnologia più democratica’ (ADD editore), mai prima d’ora un’innovazione tecnologica aveva raggiunto una portata così vasta così velocemente.
Oggi si conta che almeno metà della popolazione mondiale, 4 miliardi di persone, passi in media dalle 4 alle 5 ore al giorno utilizzando lo smartphone. Tre quarti del tempo sono dedicati ai social media.
Lo smartphone sta dunque svolgendo un ruolo analogo a quella della televisione nel dopoguerra. Ora lo stesso fenomeno sta avvenendo su scala mondiale.
Al contempo, sia Facebook che Instagram, entrambe di proprietà della statunitense Meta, stanno via via rendendo più difficile la diffusione di contenuti politici.
Già durante la pandemia, le autorità politiche, sia negli Usa, sia nella Ue, hanno fatto forti pressioni sulle Big Tech perché eliminassero, o comunque ostacolassero, contenuti sgraditi: lo stesso si è verificato con la guerra Russia-Ucraina e ora con Israele-Palestina.
Nonostante ciò, proprio l’emozione trasmessa dalle immagini terrificanti che arrivano in tempo reale dalla Striscia di Gaza, che sono disponibili agli utenti in tutto il mondo in tempo reale, sta formando con una velocità inaspettata un movimento partito negli atenei americani e che si sta diffondendo anche in Europa.
Nel resto del mondo, dove vive il 90 per cento della popolazione del pianeta, si osserva a quello che succede qui da noi, e si resta perplessi sullo stato delle democrazie liberali. Anche perché, a differenza di altri social media, su TikTok si trovano numerosi video da Gaza. È forse anche per questo che in occidente si pensa ad oscurarlo?