Con 166 milioni di messaggi su Twitter, Facebook, Instagram e TikTok, dal 7 ottobre la guerra israeliana nella Striscia di Gaza è il tema più commentato al mondo sui social network.
Secondo Visibrain, azienda che si occupa di campagne pubblicitarie e monitoraggio dei social network, i messaggi sul conflitto a Gaza sono stati il 47 per cento in più rispetto a quelli sul mondiale di calcio maschile del 2022, che deteneva il primato dell’evento più commentato online.
Spesso oscurati da Meta, il colosso che controlla Facebook e Instagram, i palestinesi sono molto più visibili sulla piattaforma cinese TikTok, che il congresso statunitense vuole ora vietare.
Da sette mesi a questa parte, le informazioni arrivano solo attraverso le agenzie di stampa ancora presenti nella Striscia, come Afp o Reuters, o i canali delle organizzazioni umanitarie e delle Nazioni Unite.
In tale contesto di blackout quasi totale dell’informazione, i social network sono diventati strumenti fondamentali per aprire una finestra su Gaza.
Ma, dopo essere stato il mezzo preferito delle primavere arabe, il rapporto tra Facebook e il mondo arabo è in realtà cambiato, anche se la censura dei palestinesi da parte di Meta non è nuova e non è cominciata con Gaza.
In tale contesto, le restrizioni imposte da Meta sui contenuti a favore della Palestina hanno spinto arabi e palestinesi verso altre piattaforme (in particolare TikTok). Per molte persone in tutto il mondo questi account sono l’unica fonte di informazione sul conflitto.
In realtà, la questione di fondo è che nessuna piattaforma ha davvero rivelato il funzionamento dei suoi algoritmi.