Gli Stati Uniti e l'Ue stanno cercando di frenare le ambizioni di Pechino nel campo delle nuove tecnologie chiudendo la porta a giganti come Huawei o ZTE, due delle più grandi aziende cinesi nel settore delle telecomunicazioni. Ma in Africa è un’altra musica. Huawei continua a dominare il settore e ha ormai raggiunto la quota del 15% del mercato degli smartphone.
L'azienda di Shenzhen è accusata dagli Stati Uniti di essere troppo vicina all'esercito cinese. Il suo fondatore è in effetti un ex ingegnere militare e, soprattutto, Huawei è accusata di aver lavorato con l'Iran nonostante l'embargo. La multinazionale con gli occhi a mandorla potrebbe, quindi, lasciare il mercato statunitense entro la fine del 2018 e rafforzare la sua presenza in Africa. Huawei opera già nel settore delle reti di telecomunicazioni in circa 20 paesi del continente e dovrebbe riuscire a rafforzare la propria leadership con il lancio del Pakistan East Africa Cable Express, un cavo di telecomunicazione sottomarino che collega Asia e Africa.
La Cina non sta edificando solo ferrovie e porti in Africa, ma anche le "autostrade dell'informazione" necessarie per aprire un continente in cui solo un terzo degli abitanti è "connesso". In termini di risvolti sulla sorveglianza elettronica, il paese asiatico non ha nulla da invidiare agli Stati Uniti. In Zambia, Etiopia e Zimbabwe, i governi hanno utilizzato le compagnie cinesi per creare sistemi di controllo di Internet e reti di telecomunicazione.
Fino all'ultima frontiera: il riconoscimento facciale. Una tecnologia molto orwelliana che seduce alcuni paesi africani. I programmi pilota saranno lanciati con l'obiettivo di fare dello Zimbabwe una Silicon Valley africana, ma con l'infusione cinese. Il ciclo è ora completo e il Grande Fratello cinese si è insinuato nelle case degli africani. Rimane da definire la controversa questione dell'utilizzo di questa sorveglianza elettronica. Chi controlla questa enorme quantità di dati?