“Benvenuti nella terra di Gandhi e di Buddha. Io prego affinché vi lasciate ispirare dall’ethos della civiltà indiana. Dovete concentrarvi non su ciò che ci divide, ma su ciò che ci unisce”. Sono le ascetiche parole scelte dal premier indiano mentre si rivolge ai ministri degli Esteri del G20 (il forum dei diciannove paesi più industrializzati al mondo con l’aggiunta dell’Ue) riuniti a Delhi.
Ma la formula lessicale scelta da Narendra Modi, alla guida della quinta (nei prossimi anni terza) economia al mondo, nonché a breve il paese più popoloso al mondo, non è stata sufficiente per mettere tutti d’accordo.
L’evento era particolarmente atteso sia perché avviene in un quadro di alta tensione tra Russia e Occidente, sia per la più vasta guerra economica in atto tra Cina e Stati Uniti, sia perché l’India – paese ospitante – ricopre un ruolo chiave nelle relazioni internazionali.
Ma è proprio il ministro degli Esteri dell’India Subrahmanyam Jaishankar ad ammettere che nessuna dichiarazione congiunta potrà essere sottoscritta dai Venti, (ufficialmente) a causa delle inconciliabili divisioni sull’Ucraina.
In gioco in realtà ci sono anche rilevanti fattori economici. Secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov, “la discussione, almeno in alcuni interventi delle delegazioni occidentali, soprattutto dei paesi del G7, si è ridotta a dichiarazioni emotive”.
Oltre alla prevedibile opposizione della Russia per un documento che chiedeva il ritiro completo delle Forze armate di Mosca dal territorio internazionalmente riconosciuto dell’Ucraina, spicca il rifiuto della Cina. Pechino sembra voler continuare a onorare la propagandata “amicizia senza limiti” con la Federazione.
In tale contesto, l’India potrebbe non aver calcato più di tanto la mano per l’adozione di un documento di ferma condanna contro la Russia, visto che Delhi balla anche su un altro tavolo importante: la cooperazione economica tra i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica).
Una seppur magra consolazione c’è comunque stata: per la prima volta dall’inizio della guerra d’Ucraina, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov e il segretario di Stato Usa Antony Blinken hanno intrattenuto un colloquio faccia a faccia durato circa dieci minuti. È qualcosa ma forse non abbastanza per evitare che il conflitto in Ucraina possa mutare geneticamente passando da una guerra tra Nato e Russia a una tra Nato e Cina?