Ha fatto rumore la decisione della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aia di emettere un mandato di arresto per il presidente della Federazione Russa per deportazione illegale di minori ucraini.
Dopo poche ore Vladimir Putin va nel Donbass, territorio ufficialmente ucraino, sebbene in parte stabilmente occupato dalle forze russe, e scambia qualche battuta con la popolazione locale. Come a dire: prego, venitemi ad arrestare.
In realtà, Ucraina, Russia e Stati Uniti sono parte della minoranza di paesi che non riconosce la Corte penale internazionale. Per cui il mandato non sarebbe potuto essere eseguito.
Viene da chiedersi perché mai le istituzioni ucraine non si precipitano ad aderire alla Cpi (fatto, coerente, che renderebbe più problematiche le scappatelle ucraine di Putin): forse Kiev teme di poter essere incriminata?
In fatto di coerenza, tuttavia, l’Occidente ha i propri scheletri nell’armadio: nessuno ha infatti mai emesso un mandato di arresto, tantomeno condannato, George Bush jr e Tony Blair per l’invasione dell’Iraq nel 2003 avviata sulla base della menzogna delle armi di distruzione di massa, in verità mai trovate.
La seconda guerra del Golfo era iniziata con due obiettivi: distruggere le presunte (come detto) installazioni irachene per sviluppare armi di distruzione di massa. E detronizzare il dittatore Saddam Hussein, reo di intrattenere presunte relazioni pericolose con la rete terroristica di al-Qaeda. Il risultato è che l’Iraq, 20 anni dopo il conflitto costato 135mila vittime, è ancora un Paese cronicamente instabile.
Ecco, quando ci chiediamo ad esempio perché in altre aree del mondo, dal Sudamerica all’Africa, dal Medio-Oriente all’Asia, le decisioni occidentali, come le sanzioni contro Mosca, siano viste con sospetto, diamoci pure una risposta.