Il summit del gotha economico mondiale, che riunisce in Svizzera i leader della politica e dell'alta finanza a partire da lunedì 21 gennaio, è dedicato quest'anno alla globalizzazione 4.0 e ai suoi meccanismi.
All’evento organizzato dal World Economic Forum a Davos sono attesi, come ogni anno, oltre 3 mila rappresentanti del mondo imprenditoriale, finanziario, governativo e accademico, che discuteranno di guerra commerciale, riforme, calo della crescita ma anche di ambiente e cybersicurezza in un quadro di prospettive macroeconomiche sempre più buie.
Tra i partecipanti, la cancelliera tedesca Angela Merkel e c’è attesa per il neo-presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, che promette di presentare "un diverso Brasile": la svolta a destra del Paese non sembra aver spaventato i mercati, anzi.
Ma cio’ che più appare evidente sono le disdette. Non ci sarà Donald Trump a causa dello shutdown. Altri grandi assenti, la premier britannica Theresa May, alle prese con le incertezze sulla Brexit, e il presidente francese Emmanuel Macron, che affronta le proteste dei gilet gialli. Per l'Italia, invece, ci sono sia il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che il ministro dell'Economia, Giovanni Tria.
Le defezioni pesano e raccontano le nuove difficoltà del mondo. L'analista e autore politico Anand Giridharadas ha definito Davos come "una riunione di famiglia per le persone che hanno rotto il giocattolo dell’economia mondiale". Ma ora è lo stesso Wef, dopo aver sostenuto per decenni la globalizzazione, a preoccuparsi visto che l'aumento della disuguaglianza e il protezionismo stanno spingendo l'economia mondiale verso un'altra crisi. Secondo Klaus Schwab, fondatore del Wef, “la globalizzazione produce vincitori e vinti e negli ultimi 30 anni i primi hanno di gran lunga superato i secondi - ma adesso dobbiamo prenderci cura dei perdenti, di coloro che sono rimasti indietro”.
Cio’ basterà ad alleviare le preoccupazioni delle persone, il cui numero è crescente, che percepiscono il sistema come truccato?