La Cina e le Isole Salomone hanno siglato un accordo quadro di cooperazione in tema di sicurezza, che ha fatto molto discutere nelle ultime settimane per l’aumento dell’influenza cinese nell’Oceano Pacifico, a meno di duemila chilometri dalle coste australiane.
L’intesa potrebbe avere delle conseguenze sulla sicurezza nella regione e rappresenta una porta di ingresso importante per la Cina nelle risorse del Pacifico, in un’area che Australia e Nuova Zelanda hanno sempre considerato il proprio ‘cortile di casa’. Anche il consigliere per la Sicurezza nazionale americano Jake Sullivan e il presidente degli Stati federati della Micronesia, David Panuelo, hanno espresso in un incontro “la comune preoccupazione per la firma da parte della Repubblica popolare cinese e delle Isole Salomone di un accordo bilaterale di sicurezza”.
Il rischio concreto sottostante all’accordo è che la Cina stabilisca una presenza militare alle Isole Salomone, che contano circa 700 mila abitanti, facendo dello Stato insulare una sorta di ‘Gibuti’ nel Pacifico, in un paragone implicito con la base navale stabilita nel 2016 nel piccolo Stato del corno d’Africa, finora l’unica all'estero gestita dall’Esercito popolare di liberazione cinese.
L'accordo non piace neppure al Giappone, la terza economia al mondo, e ai Paesi regionali: Micronesia, Figi, Palau, Tonga e Papua Nuova Guinea hanno espresso preoccupazioni. Intanto in una dichiarazione congiunta, Stati Uniti, Giappone, Australia e Nuova Zelanda hanno affermato che il patto tra Cina e Isole Salomone pone “seri rischi per un Indo-Pacifico libero e aperto”. L’intesa invia allo stesso tempo un messaggio ancora più rilevante. Negli ultimi anni, l’Australia (insieme ai suoi alleati) ha cercato di impedire l’ascesa della Cina piuttosto che trovare un ‘modus vivendi’ con la crescita esplosiva (dai punti di vista economico, geopolitico e militare) di Pechino. Un approccio che non sembra aver funzionato granché. E che, in qualche modo, ricorda il difficile equilibrio tra Nato (e Ucraina) e Russia.
Il Pacifico è un terreno di attrito tra Cina e Stati Uniti, con una competizione che si è infiammata da settembre scorso, quando il presidente Usa, Joe Biden, in collegamento con il primo ministro britannico, Boris Johnson, e il primo ministro australiano, Scott Morrison annunciò una partnership tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia sui sottomarini nucleari - ora estesa anche alle armi ipersoniche in grado di trasportare testate nucleari - e che Pechino definisce “una Nato nel Pacifico” e un sintomo della “mentalità da Guerra Fredda” degli Stati Uniti.