Come si spiega il boom dell’export (dopato dall’inflazione) dell’Italia verso la Turchia?

L’export dell’Italia, che vale circa un terzo del Pil, tiene nonostante Covid e crisi ucraina: +22,4% nel primo semestre 2022. Ma, dopo 36 anni, l’inflazione è tornata a essere una variabile in grado di condizionare l’evoluzione dell’economia globale

Come si spiega il boom dell’export dell’Italia verso la Turchia?

Nonostante la particolare congiuntura internazionale, caratterizzata dallo scontro tra Russia e Ucraina, le imprese esportatrici italiane hanno reagito durante e dopo la pandemia Covid, facendo registrare per l’Italia tassi di crescita dell’export più sostenuti di quelli di altre grandi economie comparabili. È quanto emerge dal Rapporto sul Commercio estero Ice 2022.

Se infatti già alla fine del 2021 l’export italiano aveva superato del 7,5% i livelli precedenti al Covid con una crescita del 18,2% sul 2020, nei primi sei mesi del 2022 si è registrata un’ulteriore crescita tendenziale del 22,4% sullo stesso periodo del 2021.

Occorre tuttavia leggere i dati tenendo conto dell’inflazione che, dopo 36 anni, è tornata ad essere una variabile in grado di condizionare l’evoluzione dell’economia globale. Il “fattore prezzo” incide per circa 20 punti percentuali sul +22,4% delle esportazioni italiane nei primi sei mesi dell’anno. I prezzi delle materie energetiche contribuiscono al forte rialzo del valore delle importazioni e si riflettono sul deterioramento dell’avanzo commerciale. Comunque, anche in volume l’export italiano continua a crescere.

Una crescita che vede in testa alla classifica un paese inaspettato: è infatti verso la Turchia che le esportazioni italiane hanno registrato la maggior crescita (38,5% nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021). Come si spiega? Fra febbraio e giugno di quest’anno l’export turco verso la Russia è esploso, con una crescita di circa 400 milioni di dollari al mese. I flussi commerciali da Ankara a Mosca non sono mai stati così robusti, così come non sono mai stati così forti quelli dall’Italia alla Turchia. E qui sembra chiudersi il cerchio.

Ankara è seguita da Belgio (+32,7%), Stati Uniti (+31,3%), Spagna (29,1%), Austria (+24,8%), Romania e Paesi Bassi (+23%), Regno Unito (+20,8%) e Francia (+20%). Solo per la Russia (-17,6%), a seguito del conflitto in Ucraina, si registra una sostanziale flessione. Nel complesso, il valore doganale delle esportazioni di beni e servizi dell’Italia, nel 2021, è stato di 581 miliardi di euro ed hanno rappresentato il 32% del Pil del Paese (nel 2020 era il 30,2%).

Infine, la quota di mercato dell’Italia sulle esportazioni mondiali di beni nel 2021 (2,71%) è stata leggermente inferiore rispetto all’anno precedente (2,82%). La riduzione dell’avanzo commerciale (44,2 miliardi di euro) rispetto al 2020 riflette inoltre la crescita del disavanzo del comparto energia. Al netto di questa componente, infatti, il surplus sfiora i 90 miliardi, in aumento rispetto agli 86 dell’anno precedente.

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