L’Ue ha preso posizione contro l’attacco di Erdogan in Siria. Ma, per ora, sono solo parole. Dure, molto dure, ma “verba volant”. Qualcosa tuttavia potrebbe cambiare l’atteggiamento di Bruxelles. E si arriva così al paradosso di mettere sullo stesso piano le centinaia di morti provocate dall’invasione della Siria settentrionale e i giacimenti di petrolio a largo di Cipro, oggetto di una lunga contesa tra Ankara e l’isola.
Il problema per l’Ue è che la disputa destabilizza l’area e, soprattutto, mette a rischio gli affari di Total ed Eni, i colossi francese e italiano che detengono i diritti di sfruttamento. Contro l’attacco del presidente turco c’è al momento la “condanna”, mentre a Bruxelles si è deciso di adottare misure restrittive nei confronti delle persone fisiche e giuridiche coinvolte nella ricerca di idrocarburi nel Mediterraneo orientale.
Non per caso, Parigi ha spedito due navi militari per pattugliare le acque di Cipro e, formalmente, per partecipare ad esercitazioni con la minuscola marina locale. Formalmente.