Una Via della Seta “sostenibile, aperta e con zero corruzione". Con queste parole chiave Xi Jinping ha aperto il discorso che ha inaugurato il secondo "Belt and Road Forum", la celebrazione del suo progetto globale.
Di fronte a 37 capi di Stato e di governo, Jinping ha risposto a chi vede nella Belt and Road Initiative (Bri) un progetto egemonico che favorisce solo le imprese cinesi, lasciando ingenti debiti ai Paesi "beneficiari".
Gli Stati Uniti non hanno mandato alti esponenti di governo, così come i grandi Paesi dell'Europa occidentale, Italia esclusa. In compenso, in prima fila, ci sono questa volta Vladimir Putin, Alexis Tsipras, Antonio Costa e Viktor Orbán. Con loro i numeri uno di Onu e Fondo monetario internazionale, oltre a numerosi leader di economie (più o meno) emergenti.
"Dobbiamo combattere la corruzione e essere più aperti. Costruire infrastrutture di alta qualità, sostenibili, resistenti ai rischi e a un prezzo ragionevole" ha detto il leader della seconda economia globale. Quanto questa narrazione sia effettivamente trasferita sul piano reale è tutto da dimostrare. Anche perché le promesse di apertura al mercato, che Xi è tornato ad avanzare, procedono in realtà con grande lentezza. Eppure, il gruppo di paesi amici della Cina aumenta. Secondo alcuni, è la risposta all'isolazionismo e al protezionismo statunitense.
Nella disputa l’Italia - unico paese del G7 ad aver siglato la Bri - ha comunque scelto di esserci. Qualcuno sperava che la presenza a Pechino del premier Giuseppe Conte - visto il magro risultato della visita di Xi Jinping in Italia (intese per 2,5 miliardi contro i 40 della Francia) – potesse portare un’appendice più ricca all’intesa siglata a Roma. Niente di tutto questo.