La crisi di Hong Kong piomba al centro dei rapporti tra Stati Uniti e Cina, già resi difficili dal conflitto commerciale. Donald Trump ha firmato e promulgato questa notte l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, una norma approvata con votazione bipartisan dal Congresso, il cui obiettivo è sostenere la protesta prodemocrazia della città.
La reazione cinese non si è fatta attendere. Pechino ha ribadito che la questione dell’ex colonia britannica è “un affare interno” alla Cina. Avvertiamo gli Stati Uniti a non agire arbitrariamente, o altrimenti la Cina contrattaccherà, e gli Usa dovranno sostenere tutte le relative conseguenze”. La Cina - si legge in una nota emessa nella mattina di oggi dal ministero degli Esteri - accusa gli Stati Uniti di “sinistre intenzioni e natura egemonica”.
La norma contiene una serie di misure che dovrebbero proteggere lo status di autonomia garantito a Hong Kong. La più rilevante affida al governo Usa una revisione periodica (annuale) dell’effettiva autonomia della città, a cui legare l’eventuale conferma dello status commerciale privilegiato conferitogli dagli Stati Uniti. La questione è rilevante visto che Hong Kong è uno snodo fondamentale per merci e capitali in entrata e uscita dalla Cina, e questa legge minaccia di chiuderlo.
Alcuni osservatori notano come molti di questi strumenti di pressione già esistessero nella legislazione statunitense. Ma averli ribaditi in una norma specifica per Hong Kong manda un messaggio forte, peraltro condiviso da entrambi gli schieramenti del Congresso.
A questo punto la domanda è se la decisione di Washington arriverà al punto di congelare le trattative sui dazi.