La Cina ha deciso di reagire ai dazi imposti dagli Stati Uniti. La vendetta consiste in tariffe – in vigore da lunedì 2 aprile - fino al 25% applicate su 128 prodotti che generano un import cinese dalla prima economia al mondo del valore di 3 miliardi di dollari.
Frutta fresca e secca, mandorle, pistacchi e vino saranno soggetti ad un prelievo aggiuntivo del 15%, che sale al 25% nel caso di altri otto prodotti tra i quali la carne di suino congelata. La Cina, il terzo maggior consumatore di carne di maiale statunitense, ha acquistato lo scorso anno prodotti suini dagli Usa per 1,1 miliardi di dollari.
Gli analisti evidenziano il fatto che le tariffe cinesi non colpiscono alcune delle maggiori esportazioni statunitensi verso la Cina, come la soia. Ciò segnala la volontà di Pechino di evitare una guerra commerciale "totale". Lo scenario cambierebbe se ad esser messi nel mirino fossero, ad esempio, gli aerei della Boeing.
Lo scontro sembra comunque destinato a inasprirsi. Nei prossimi giorni è attesa l’approvazione di altre misure da parte di Trump fino a 60 miliardi di dollari che includono 1.300 beni importati dalla Cina nei settori delle telecomunicazioni, hi-tech e aerospazio.
Nel frattempo giganti dell’economia Usa come General Electric e Goldman Sachs hanno obiettato alla Casa Bianca che i dazi limitato l’accesso alle imprese statunitensi nel mercato in più rapida crescita a livello globale, quello cinese. Limitazioni che potrebbero rivelarsi irreparabili e non soltanto per le imprese.
Il dazio del 25% sulla carne suina potrebbe essere particolarmente dannosa nelle regioni più "agricole" del Midwest che hanno sostenuto e favorito l’elezione di Trump nel 2016. E nel 2020 si tornerà a votare.